Rinnovabili: il cuore della green economy

Sentiamo spesso parlare di green economy e energie rinnovabili, di sviluppo sostenibile ed energia pulita. La domanda che ci poniamo oggi è: la produzione di energia da fonti rinnovabili può giocare un ruolo determinante nello sviluppo dell’economia?

Prima di rispondere, facciamo chiarezza sul concetto di green economy.
In campo industriale è una forma di progresso tecnologico che coniuga efficienza, compatibilità ambientale e utile economico. Dunque, rientrano in questa definizione tutte le tecnologie pulite, a basso impatto ambientale, che permettono alle imprese di migliorare le proprie performance e accrescere la propria competitività. In altre parole, con questo termine si vuole definire un particolare settore dell’economia che trova speciale applicazione nei comparti energetici e manifatturieri.

Proviamo, però, ad allargare il punto di vista. Praticamente, immaginiamo la green economy come un nuovo modello di sviluppo che interessa più settori. Secondo questa logica, i protagonisti non sono solo le imprese, ma anche tutte le altre istituzioni (dagli attori governativi fino al singolo cittadino).

Ma la cosiddetta “energia verde” può essere considerata il perno di questo modello economico? Una prima parziale risposta la troviamo nell’analisi degli investimenti nel settore.

Figura 1: Global Investment in Renewable Power and Fuels, 2011-2021

Se guardiamo alla spesa in rinnovabili, possiamo chiaramente vedere che la fiducia del mercato è ampia.
Dal 2011 al 2021 gli investimenti in energia rinnovabili hanno visto un incremento di circa il 40%. Gli ultimi dati disponibili ci dicono che il denaro investito, a livello globale, ammonta a 366 miliardi di dollari, con un aumento del 6,8% rispetto all’anno precedente. Ciò è dovuto soprattutto alla diffusione del solare fotovoltaico (in crescita dal 2020) e alla stabilità dell’eolico, che dal 2019 impegna costantemente una somma stimata sui 200 miliardi di dollari. Inoltre, gli impieghi in fonti rinnovabili superano quota 250 miliardi dal 2014: ben otto anni consecutivi! Questo è un chiaro sintomo di una cultura industriale ormai diffusa che riflette un settore trainante in forte espansione, come è dimostrato dal visibile trend positivo in Figura 1.

Il denaro parla chiaro. Investire in un settore in fase di espansione consente a nuove imprese di nascere e a quelle già esistenti di inserirsi in nuovi mercati, oltre a spianare la strada a finanziamenti in ricerca e in innovazione tecnologica. E questo permette di creare nuova occupazione e ricchezza in un settore assolutamente strategico.
Perciò, il contributo offerto dalle rinnovabili va al di là della semplice produzione di energia, e ha ricadute benefiche su più livelli. Concentriamoci ora sugli effetti occupazionali.

Figura 2: Global Renewable Energy Employment, by Technology, 2012-2020

Il settore delle energie rinnovabili, globalmente, ha dato impiego a circa 12 milioni di persone nel 2020. Tra le diverse fonti, l’industria del solare fotovoltaico fa (ancora) da capofila e conta, da sola, 4 milioni di occupati. Seguono i biocombustibili, l’idroelettrico e il solare termico.
Anche in questo caso, il trend è positivo. In nove anni (2012-2020) l’aumento è stato impressionante: ben +64%. Inoltre, il +4% registrato sul 2019 dimostra che l’occupazione da energia rinnovabile ha resistito agli effetti della crisi economica della pandemia da COVID-19.

Abbiamo detto che gli investimenti nella produzione di energia da fonti rinnovabili possono “creare ricchezza”. Ma che cosa significa?
Il valore aggiunto (added value), in economia, è l’incremento di valore dato dalla produzione e dalla distribuzione di beni e servizi. La filosofia è semplice: le imprese acquistano beni necessari a produrre altri beni. La differenza tra il valore finale della produzione e il valore degli input impiegati nel processo produttivo è proprio il valore aggiunto. Sotto questo aspetto, quello delle rinnovabili rappresenta un settore trasversale, capace di connettere diversi mercati, processi produttivi e scale territoriali.

Per comprendere al meglio, prendiamo l’esempio di un pannello fotovoltaico: la catena di produzione interessa diversi livelli. Si parte dalle fasi di Ricerca e Sviluppo e di progettazione, seguite dalla produzione dei pannelli in silicio e di tutte le altre componenti (meccaniche ed elettriche). Infine, si procede alla commercializzazione e all’installazione. A questi momenti della vita del prodotto si aggiungono, inoltre, i cicli di manutenzione e smaltimento. Ecco, per capire concretamente il concetto di valore, dobbiamo tenere a mente che ciascuna di queste fasi mobilità delle risorse, impiega del capitale e genera un introito al sistema economico.

In Italia, la produzione di energia da fonti rinnovabili ammonta a 19,5 miliardi di euro e la produzione market[1] a 17,2 miliardi (valori a prezzi correnti, dati Istat, 2020). Si tratta del 1,2% del Pil, più del doppio rispetto alla media europea (che oscilla intorno al mezzo punto percentuale). L’added value è stimato intorno ai 10,6 miliardi di euro. Le tre grandezze riportano valori simili a quelli registrati nei due anni precedenti.
I numeri sono espressi a prezzi correnti (e non costanti[2]) ma considerata trascurabile l’inflazione 2019 e 2020, possiamo comunque confermare una certa stabilità dei valori reali. Anche in questo caso, la produzione di energia green non ha risentito della crisi pandemica.

Dunque, le fonti rinnovabili non solo rappresentano la chiave di volta per ridefinire i modelli di business, ma diventano assolutamente indispensabili per stimolare l’economia mondiale. L’utilizzo di fonti alternative, infatti, garantisce una crescita del Pil e una maggiore sicurezza (e indipendenza) energetica; oltre ad un aumento di competitività del settore (abbassamento dei prezzi) e ad una più corretta tutela ambientale. Quindi sì: le fonti rinnovabili sono a tutti gli effetti il perno della green economy.

Abbiamo stimolato la tua curiosità? Puoi saperne di più consultando le nostre fonti:


[1] La produzione market si riferisce ai beni e servizi destinabili alla vendita.

[2] I prezzi correnti corrispondono ai valori nominali che incorporano il dato dell’inflazione. I prezzi costanti sono i valori (reali) al netto dell’aumento dei prezzi.

Avatar Davide Piemontese