“Chi siete? … Da dove venite? … Cosa portate? … Sì, ma dove andate? Un Fiorino!” Prendiamo in prestito le parole del leggendario film “Non ci resta che piangere” di Massimo Troisi e Roberto Benigni per parlarvi dei rifiuti radioattivi. Sono i protagonisti indiscussi di dibattiti quotidiani, un tema all’ordine del giorno studiato dai maggiori esponenti politici e scientifici mondiali. Ma ci è davvero del tutto chiaro cos’è un rifiuto radioattivo? E da dove proviene? E soprattutto dove va a finire un rifiuto radioattivo oggi? Vediamo di provare a fare chiarezza su questo argomento cominciando a rispondere intanto alle prime due domande…
Rifiuti radioattivi: Chi siete?
Cos’è un rifiuto radioattivo? Con il termine “rifiuti radioattivi” si intendono, secondo il decreto Legislativo n°230 del 17 marzo 1995, quei materiali “in forma gassosa, liquida o solida per i quali non è previsto un ulteriore uso da parte dei Paesi di origine e di destinazione [..] e che sono oggetto di controlli, in quanto rifiuti radioattivi, da parte di un’Autorità di regolamentazione, secondo le disposizioni legislative e regolamentari dei Paesi di origine e di destinazione”.
In parole un po’ più semplici un rifiuto radioattivo è un rifiuto, quindi una sostanza per la quale non è previsto un ulteriore uso, ma radioattivo e quindi per questo bisognoso di controlli più accurati. Ma quindi cos’è la radioattività? E’ un insieme di processi attraverso i quali atomi, detti radionuclidi oppure nuclei radioattivi o radioisotopi, di alcuni elementi decadono spontaneamente in altri elementi. Con il termine decadimento si intende proprio una trasformazione di un elemento in un altro, quindi una disintegrazione dell’elemento di partenza in un altro. L’elemento prodotto potrebbe a sua volta essere radioattivo e quindi decadere e trasformarsi in un altro elemento, creando in questo modo una reazione a catena. Si parla di decadimento radioattivo e di catena di decadimento. In questa trasformazione vengono emesse delle particelle di diversa natura: sono le famigerate radiazioni, suddivise in α, β e γ.
Il problema della radioattività nasce dal fatto che le radiazioni emesse possono rappresentare un rischio per la salute dell’uomo e per la natura se di energia e quantità troppo elevate. Ma è quindi sempre pericolosa la radioattività? Assolutamente no! L’uomo vive da sempre a contatto con essa, anzi abbiamo addirittura elementi radioattivi anche dentro il nostro corpo. Per esempio, in una persona di 70 kg avvengono in media 12 mila decadimenti al secondo. Una banana di 150 g contiene potassio e la sua radioattività è quindi di circa 16 Bq. Questa sigla sta per Bequerel, l’unità di misura che indica il numero di atomi che si disintegrano in un secondo. All’interno della banana dunque avvengono ben 16 disintegrazioni al secondo!
Il motivo per cui tra i rifiuti radioattivi che dobbiamo custodire e controllare in appositi centri di stoccaggio non troviamo le nostre amate banane dipende solo da un fattore di quantità di radiazioni emesse e per quanto tempo esse vengono emesse. In particolare si parla di:
- Tempo di dimezzamento o emivita: il periodo di tempo occorrente affinché la metà degli atomi di un campione radioattivo puro decadono;
- Attività: numero di nuclei disintegrati al secondo.
In ogni caso, qualunque sia il tempo di dimezzamento, si avrà comunque nel tempo la progressiva riduzione di radioattività.
“Da dove venite?”
E ora la seconda domanda: i rifiuti radioattivi che dobbiamo smaltire, che ci procurano tutte queste preoccupazioni, da dove arrivano? Veramente solo dalle centrali nucleari come spesso siamo soliti pensare?
La Radioattività naturale
La radioattività naturale è quella generata da fenomeni naturali, quella che, per intenderci, troveremmo comunque sulla Terra anche se l’uomo non esistesse e non fosse mai esistito. Un esempio sono le radiazioni cosmiche che giungono fino a noi attraverso l’atmosfera e, come già citato prima, il potassio, un radionuclide naturale presente sulla crosta terreste, nel corpo umano o negli alimenti. Un altro esempio può essere l’uranio, presente in molte formazioni geologiche come nel granito.
La Radioattività artificiale
La radioattività artificiale è quella che si genera attraverso attività umane, durante le quali vengono utilizzati materiali radioattivi e ne vengono prodotti altri: apparecchiature mediche per diagnosi e cure, apparecchiature industriali e sì, anche produzione di energia nucleare. Per quanto riguarda la medicina nucleare, per diagnosticare alcune malattie vengono utilizzate delle sostanze radioattive: un esempio è la tecnica dell’imaging molecolare, che permette di fornire immagini dettagliate del corpo umano e di quello che accade al suo interno.
Ma la medicina nucleare non si ferma qui. Alcune terapie utilizzano radiofarmaci per distruggere le cellule cancerogene: i radionuclidi contenuti al loro interno, infatti, riescono a rilasciare le radiazioni direttamente nelle parti malate e quindi a colpire solo le cellule cancerogene, limitando l’esposizione della parte sana alle radiazioni. Esempi di applicazioni nel campo industriale sono invece:
- la Gammagrafia industriale, finalizzata ad evidenziare anomalie strutturali in materiali solidi di elevato spessore;
- l’Irraggiamento, usato per la sterilizzazione biologica
- la Radiometria, utilizzata per misurare il livello, lo spessore, la densità e l’umidità dei materiali, oltre che nei rilevatori di fumo e nei gascromatografi.
Ecco, caro lettore, se sei arrivato fin qui a leggere, avrai cominciato a conoscere già piuttosto bene i rifiuti radioattivi e sarai in grado di rispondere intanto alle prime domande: “Chi siete?” e “Da dove venite?”. Per rispondere alla terza domanda “Dove andate?” vi aspetto al prossimo articolo! Ma prima… un fiorino!
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