I rifiuti radioattivi e il Deposito Nazionale Italiano

Nell’articolo “I Rifiuti Radioattivi: facciamo chiarezza” abbiamo parlato di cosa sia la radioattività e quindi introdotto i rifiuti radioattivi. Passiamo ora al prossimo passo: dove vanno i rifiuti radioattivi? Avete presente la raccolta differenziata? Per farla, bisogna dividere carta, plastica, vetro in modo che ogni materiale possa seguire il percorso di riciclaggio migliore. E quindi dove vanno i materiali radioattivi? Vanno -o comunque come vediamo in seguito dovrebbero andare- nel deposito nazionale.

Classificazione dei rifiuti radioattivi

Il primo passo è quello di dividere i rifiuti radioattivi in varie categorie in base ad attività e tempo di dimezzamento (vi ricordate le definizioni? In caso negativo leggete lo scorso articolo!). Ogni categoria seguirà poi un processo di trattamento adeguato. In Italia, secondo il Decreto Ministeriale del 7 agosto 2015, le categorie dei rifiuti radioattivi sono le seguenti:

  • Rifiuti Radioattivi a vita media molto breve (Very Short Lived Waste, VSLW)

Questi rifiuti provengono principalmente da impieghi medici e di ricerca e devono essere conservati in idonei depositi temporanei per massimo circa 5 anni.

  • Rifiuti radioattivi di attività molto bassa (Very Low Level Waste, VLLW)

In questa categoria rientrano principalmente quei materiali che derivano da smantellamento delle installazioni nucleari. Raggiungono in 10 anni valori di concentrazione di attività inferiori ai valori minimi.

  • Rifiuti radioattivi di bassa attività (Low Level Waste, LLW)

In questa categoria rientrano gran parte dei rifiuti provenienti dalle installazioni nucleari e da alcuni impieghi medici, industriali e di ricerca scientifica. Il tempo di conservazione nei depositi può variare in base alla vita del radionuclide.

  • Rifiuti radioattivi di media attività (Intermediate Level Waste, ILW)

Questi sono rifiuti che derivano anche dai laboratori di ricerca scientifica e da usi medici o industriali. Dovranno essere immagazzinati con misure di sicurezza più elevate in idonee strutture di stoccaggio, quale l’impianto di immagazzinamento di lunga durata previsto nel Deposito Nazionale.

  • Rifiuti radioattivi di alta attività (High Level Waste, HLW)

Il combustibile irraggiato rientra in questa categoria, cioè il combustibile rimosso dai reattori perché non più utile per produrre energia. In questo caso è richiesto lo smaltimento in formazioni geologiche. Il problema di questi rifiuti è duplice. Da un lato, la concentrazione di attività è molto elevata e questo provoca un’alta generazione di calore che deve essere contenuta con adeguate strutture. Dall’altro questi materiali contengono radionuclidi a lunga vita che richiedono comunque un isolamento e un confinamento di migliaia di anni e oltre. Nel periodo che precede lo smaltimento, tali rifiuti devono essere immagazzinati in idonee strutture di stoccaggio, quale l’impianto di immagazzinamento di lunga durata previsto nel Deposito Nazionale.

Il Deposito Nazionale Italiano si presenta!

Il famigerato Deposito Nazionale Italiano, che da quanto abbiamo visto sopra è indispensabile e necessario non solo per i rifiuti provenienti dai reattori nucleari ma anche per quelli di provenienza industriale, medica e di ricerca, non esiste ancora. Allora la domanda sorge spontanea: dove sono attualmente tutti i rifiuti radioattivi? Ad oggi, i vecchi impianti dismessi ospitano i depositi temporanei (come si può vedere da Figura 1).

Figura 1: Produttori e detentori di rifiuti radioattivi in Italia (Fonte: Deposito Nazionale)

La realizzazione del Deposito Nazionale consentirà all’Italia di allinearsi a tutti quei Paesi che da tempo hanno in esercizio sul proprio territorio depositi analoghi, o che li stanno costruendo, rispettando così gli impegni etico-politici nei confronti dell’Unione Europea. La scadenza per la presentazione della documentazione del Programma Nazionale non è stata infatti rispettata dall’Italia. Il gravoso ritardo, con il quale è stata pubblicata la bozza del Programma Nazionale, ha determinato l’apertura di una Procedura di Infrazione, con lo stato di messa in mora da parte della Commissione Europea nei confronti dell’Italia. Cosa significa? Che siamo stati richiamati dall’Unione Europea per adempiere ai nostri impegni, impegni che quasi tutti gli altri paesi hanno già assolto molto prima di noi!

Chi e cosa ospiterà?

Una volta completata la sua costruzione, il Deposito Nazionale sarà una “infrastruttura ambientale di superficie” che permetterà di stoccare definitivamente in sicurezza i rifiuti radioattivi. Insieme ad esso verrà realizzato il Parco Tecnologico, centro di ricerca applicata e di formazione nel campo del decommissioning nucleare, termine con cui si identificano tutte le attività da intraprendere nello smantellamento degli impianti nucleari, della gestione dei rifiuti radioattivi e della radioprotezione, oltre che della salvaguardia ambientale. Dei circa 95 mila metri cubi di rifiuti radioattivi che saranno conferiti al Deposito, il 60% deriverà dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari, mentre il restante 40 % dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca.

Figura 2: Suddivisione in percentuale dell’origine dei rifiuti che conferiranno al deposito (Fonte: Sogin SPA)

Il progetto attuale prevede quindi che nel Deposito Nazionale vengano stoccati circa 95.000 metri cubi di rifiuti radioattivi di cui la maggior parte (circa 78.000 metri cubi) rifiuti a bassa o media attività, mentre la restante parte della tipologia ad alta attività. I primi saranno smaltiti in maniera definitiva all’interno delle strutture del deposito, mentre i secondi verranno stoccati in maniera temporanea in vista del loro trasferimento in un deposito geologico idoneo alla loro sistemazione definitiva. Quest’ultimo potrà essere anche un deposito consortile, ossia un deposito geologico condiviso tra più Paesi (multinazionale).

 Il Deposito Nazionale sarà costruito all’interno di un’area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al Deposito e 40 al Parco Tecnologico. Sarà integrato con il territorio, anche dal punto di vista paesaggistico. Infatti, una volta che sarà totalmente riempito una collina artificiale, realizzata con materiali impermeabili, costituirà un’ulteriore protezione, prevenendo anche eventuali infiltrazioni d’acqua. Tale copertura armonizzerà visivamente il Deposito con l’ambiente circostante, mediante un manto erboso.

E… la sicurezza?

Il Deposito consisterà in una struttura composta da diverse barriere ingegneristiche e naturali poste in serie l’una rispetto l’altra. I manufatti rappresentano le prime barriere: strutture a forma cilindrica o di parallelepipedo. Sono costituiti da materiale metallico all’interno del quale i rifiuti radioattivi vengono precedentemente immobilizzati e poi isolati. La stabilità chimica e fisica consente al manufatto di essere movimentato e trasportato in sicurezza.

Figura 3: Barriere ingegneristiche e naturali del Deposito Nazionale. Da sinistra a destra: manufatto, modulo, cella, collina multistrato (Fonte: Deposito Nazionale)

La seconda barriera invece è costituita dai moduli: strutture a forma di parallelepipedo in calcestruzzo armato, al cui interno vengono collocati i diversi manufatti. La terza barriera ingegneristica è formata dalle celle di deposito, edifici in calcestruzzo armato speciale dove verranno sistemati definitivamente i rifiuti radioattivi. Una volta riempite con i diversi moduli (circa 240), le celle vengono sigillate, impermeabilizzate e rivestite con una collina artificiale (quarta barriera) in grado di prevenire eventuali infiltrazioni d’acqua. Questa quarta barriera sarà realizzata con strati di diversi materiali, per uno spessore complessivo di qualche metro. La barriera naturale interviene proprio dopo quest’ultimo step ed è strutturata in modo tale da rappresentare la copertura finale delle celle. La copertura è composta da diversi materiali impermeabili e, a maggiore garanzia, permangono nella progettazione della struttura una serie di gallerie ispezionabili predisposte per monitorare il deposito e garantire l’isolamento dei rifiuti dall’ambiente esterno.

Conclusione

Tutte le barriere vengono realizzate per un funzionamento di circa 350 anni, essendo così in grado di confinare e quindi poter ridurre la radioattività dei rifiuti fino al livello del fondo naturale ambientale, cioè fino ad avere un numero di radiazioni ionizzanti che coincida con quello delle radiazioni di origine naturale che si possono osservare sulla Terra.

E siamo arrivati alla fine! Abbiamo superato definizioni, numeri e paroloni, ma lo sforzo non è stato invano: siamo ora pronti ad affrontare le prossime testate giornalistiche sul Deposito Nazionale con qualche base e concetto in più di prima… speriamo!

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Avatar Teresa Brach