Funzionamento ed usi delle termocamere: dal fotovoltaico alla caccia ai fantasmi!

I serpenti riescono a cacciare anche di notte perché i loro occhi percepiscono i raggi infrarossi, quindi vedono il calore delle loro prede e così ne identificano la posizione prima di attaccare. Gli umani non possiedono questa abilità, ma la tecnologia viene anche in questo caso in loro soccorso. Infatti, anche noi possiamo vedere il calore grazie a delle speciali telecamere, chiamate termocamere ad infrarossi, di cui oggi vi racconteremo il funzionamento e gli svariati usi a cui si prestano, che comprendono addirittura il campo del paranormale…

Come funziona una termocamera

Qualunque cosa che abbia una temperatura superiore a quella dello zero assoluto emette calore sottoforma di raggi infrarossi. Anche il ghiaccio, perché con zero assoluto non si intende quello della scala Celsius (il sistema che usiamo tutti i giorni per cui a 38°C abbiamo la febbre e a 100°C buttiamo la pasta) ma quello della scala Kelvin, la misura usata dal Sistema Internazionale: gli zero gradi Kelvin corrispondono a -273,15 gradi Celsius: decisamente intollerabile anche per gli amanti dell’inverno estremo!

La termocamera ad infrarossi riesce a rilevare questi raggi, altrimenti invisibili dall’occhio umano, grazie a un sistema ottico di lenti che li concentra su un chip elettronico. Il chip è composto da centinaia di pixel: ognuno di essi reagisce all’energia infrarossa che gli arriva dalle lenti producendo un segnale elettrico. Il processore converte questi segnali in una mappa di colori legata alla temperatura dell’oggetto inquadrato e la mostra sul display. La scala cromatica è tale per cui più un oggetto è freddo più apparirà sui toni del blu, mentre più è caldo e più si colorerà verso il giallo e il rosso, fino ad arrivare al bianco per il calore più estremo. Ecco quindi che diventa facilissimo vedere un essere vivente nel buio della notte, perché la sua sagoma rossa spiccherà sullo sfondo che, essendo più freddo, apparirà soprattutto blu. 

Figura 1: schema di funzionamento di una termocamera ad infrarossi (fonte: Fluke)

Fotovoltaico ed isolamento termico: scende in campo la termocamera

L’applicazione più immediata delle termocamere è ovviamente quella della vigilanza. Nonostante ciò, anche nel campo dell’energia si possono trarre benefici da questa tecnologia. Un esempio riguarda la manutenzione degli impianti fotovoltaici. Durante il funzionamento dei pannelli, se ci sono delle anomalie esse causano un aumento locale della temperatura chiamato hot spot. Questo perché nei moduli fotovoltaici scorre corrente elettrica e più questa incontra resistenza al suo moto e più libera calore, secondo la formula descritta dall’effetto Joule:

\[\ P = R I^{2} \]

dove P è la potenza termica, R la resistenza elettrica e I la corrente. Se in un determinato punto il pannello si scalda molto questo è sintomo che qualcosa non stia funzionando correttamente. Con una termocamera ce ne si accorge immediatamente: una porzione del pannello apparirà più tendente al rosso rispetto al resto e si saprà subito dove intervenire. Non sottovalutate gli hot spot: se lasciati indisturbati possono danneggiare gravemente il pannello, causando anche fori che lo attraversano da parte a parte!

Figura 2: immagine agli infrarossi di un impianto fotovoltaico: con la termocamera si notano delle zone più rosse rispetto alle loro vicine, sintomo di un’anomalia in corso (fonte: Termocamerafacile.com)

Ma sono realmente utili le termocamere?

Un altro campo in cui le termocamere sono molto utili è l’isolamento termico degli edifici. Sono infatti lo strumento principale della termografia edile: una tecnica in cui si ispeziona l’edificio per cercare i punti in cui disperde più calore e quindi dove è necessario rafforzare il grado di isolamento. È uno dei passaggi fondamentali per redigere la diagnosi energetica degli edifici, che è ormai obbligatoria per legge quando si vuole effettuare una ristrutturazione.

Le termocamere sono particolarmente utili per trovare i nemici giurati dell’isolamento termico degli edifici: i ponti termici. Sono delle zone dell’involucro edilizio in cui la conducibilità termica, cioè la tendenza di un materiale a trasmettere calore tramite conduzione, è diversa dal resto della struttura. A causa del diverso spessore della muratura, i ponti termici hanno conducibilità più alta delle altre parti dell’edificio quindi queste zone fungono letteralmente da ponti per il calore, agevolandone la dispersione verso l’esterno.

Si creano quando ci sono delle discontinuità nella struttura, sia di tipo geometrico (come gli angoli: se li toccate sentirete che sono più freddi rispetto ai muri diritti perché disperdono più calore e quindi si raffreddano) che di materiali (come un pilone in calcestruzzo in mezzo a un muro di mattoni: la conducibilità termica è una proprietà dei materiali, quindi tra i due cambia molto). Con le termocamere riusciamo ad individuare queste zone dispersive e a intensificarne l’isolamento termico. Così facendo, possiamo sbarazzarci dei ponti termici una volta per tutte.

Figura 3: varie immagini di un edificio tramite termocamera, con cui trovare le dispersioni di calore non è mai stato così semplice (fonte: Termocamerafacile.com)

C’erano una volta un fantasma e alcune termocamere

Se tutte queste applicazioni non vi avessero particolarmente entusiasmato, ora troverete pane per i vostri denti. Spostiamoci a Bardi, un paese in provincia di Parma, dove si erge un castello che si dice essere infestato dai fantasmi. In particolare, secondo la leggenda gli ectoplasmi sono il cavalier Moroello e la dama Soleste, due sfortunati amanti che abitarono nella fortezza tra il ‘400 e il ‘500. Nel 1999 un team di ricercatori del paranormale andò nel castello alla ricerca dei fantasmi. Portarono con sé delle termocamere e una di queste scattò una foto a dir poco emblematica, in cui è ben visibile una forma in tutto e per tutto simile ad un cavaliere in armatura. Che fosse il fantasma di Moroello?

Figura 4: veduta aerea del castello di Bardi (fonte: Goticomania)

Conclusione

Un piccolo dettaglio fa calzare a pennello l’ipotesi del fantasma. Dalla fotografia si nota una macchia più gialla, quindi più calda, sul braccio della figura. La leggenda narra che Moroello fosse stato ferito in guerra ad un braccio e tutti sappiamo per esperienza personale che le ferite siano più calde del resto del corpo sano, a causa del grande afflusso di sangue nella zona. Che sia solo una coincidenza? Ovviamente si è scatenata una valanga di critiche e perplessità riguardo la fantomatica fotografia. I più scettici sostengono che si sia solo trattato di un refolo di aria calda entrato dalla finestra a dare forma alla figura.

Il mistero del fantasma di Bardi è ancora irrisolto. Siete liberi di crederci oppure no, ma ciò su cui non c’è alcun dubbio è la grande utilità della tecnologia delle termocamere ad infrarossi. La termocamera risulterà utile per conoscere lo stato di salute di un impianto fotovoltaico, oppure per cercare fantasmi insieme Ghostbusters.

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Avatar Ilaria Giaccardo