Idroelettrico a pompaggio: grandi accumuli di energia

Le centrali idroelettriche sono dei pilastri di sostenibilità per i paesi che hanno la fortuna di avere una conformazione territoriale in grado di ospitarli. Oggi non vi parleremo del loro funzionamento (perché ne abbiamo già trattato nell’articolo “Idroelettrico: funzionamento generale e turbina Pelton”), ma bensì della loro forma più evoluta, in grado di fornire grandi accumuli di energia alle reti elettriche su scala nazionale: l’idroelettrico a pompaggio. Immergiamoci insieme alla scoperta dei prodigi di questi impianti!

Dalla filosofia greca alla forza di gravità

C’è un modo molto immediato di riconoscere un sistema idroelettrico tradizionale da uno a pompaggio: i primi hanno un bacino d’acqua posto nel punto più alto dell’impianto, mentre i secondi ne hanno ben due, uno in alto e uno in basso. Perché questa ridondanza? Nei sistemi idroelettrici a pompaggio l’acqua viene continuamente spostata tra i due bacini. Nelle strutture tradizionali invece l’acqua si muove sempre e solo dall’alto verso il basso: una volta che ha compiuto il suo lavoro è libera di concludere il viaggio verso il mare. Si può dire che queste centrali seguano la filosofia di Eraclito: “tutto scorre (il celeberrimo e talvolta inflazionato Panta Rei, ndr.), non puoi entrare due volte nello stesso fiume e questo perché l’acqua che ti ha bagnato la prima volta se ne è già andata via seguendo la corrente”.

Nei sistemi idroelettrici a pompaggio invece è tutta un’altra storia. Quando si vuole produrre elettricità si fa scorrere l’acqua dal bacino più alto a quello più basso, mettendo in moto la turbina. Quando invece si vuole accumulare l’energia, si sposta l’acqua da bacino più basso a quello più alto. Ovviamente in questo caso la gravità non è nostra amica: per farlo dobbiamo spendere elettricità azionando delle pompe. Ma nulla viene sprecato: l’energia spesa dalle pompe si trasforma in energia potenziale dell’acqua mandata in quota, accumulandola per quando avremo successivamente bisogno di immettere energia in rete facendo scendere l’acqua verso il basso. È sempre la stessa quantità d’acqua che scende e sale tra i due bacini, liberando ed acquisendo energia in maniera ciclica, come fosse una montagna russa allo stato liquido. 

Figura 1: schema di funzionamento di un impianto idroelettrico a pompaggio… quando l’acqua scende si produce energia, quando sale la si accumula (fonte: Alternative Energy)

Grandi vantaggi

Le centrali a pompaggio sono ad oggi gli strumenti più efficaci per stoccare grandi quantità di energia. Sono infatti impianti di grandissime dimensioni: centinaia di MegaWatt fino ad arrivare a qualche GigaWatt. Questi numeri sono comparabili con quelli delle centrali termoelettriche. Se si volesse stoccare la stessa quantità di energia con delle batterie servirebbe occupare degli spazi sterminati: i sistemi elettrochimici sono infatti modulari, cioè per ottenere grandi potenze bisogna affiancare moltissimi blocchetti di bassa potenza nominale, mentre la taglia dell’idroelettrico a pompaggio dipende dalla dimensione dei suoi componenti (come turbina, bacini e lunghezza della condotta dell’acqua), rendendolo più adatto a fare le cose in grande.

Figura 2: mappa delle centrali idroelettriche a pompaggio italiane, con in evidenza le loro dimensioni da record per il mondo dello stoccaggio (fonte: L’ippocampo)

Le manie di grandezza delle centrali idroelettriche le rendono dei preziosi alleati per la gestione delle reti elettriche a livello nazionale. Mobilitando grandi quantità di energia (sia nella fase produttiva che in quella di accumulo) aiutano a livellare il profilo della domanda energetica giornaliera.

Di notte c’è meno richiesta di energia, ma le grandi centrali termoelettriche continuano a produrre in maniera pressoché costante (spegnerle ed accenderle ogni notte sarebbe troppo dispendioso: ne abbiamo parlato nel nostro articolo “Bilanciamento della rete elettrica: perché dovremmo avere paura di una papera”). Il loro surplus energetico viene acquistato dalle centrali a pompaggio e speso per pompare l’acqua nel bacino superiore. Di giorno invece si susseguono due picchi di domanda energetica, uno al mattino e uno alla sera, che possono essere soddisfatti scaricando l’acqua verso il basso, allo stesso modo delle centrali idroelettriche tradizionali. Ma se in quest’ultime è il deflusso naturale del fiume a darci l’energia di cui abbiamo bisogno, nelle centrali a pompaggio stiamo riutilizzando dell’energia che altrimenti sarebbe andata sprecata nelle ore notturne.

L’esperienza delle Canarie: vamonos!

Tutto questo ha anche delle conseguenze economiche. L’energia che gli impianti a pompaggio acquistano la notte è a basso prezzo, perché essendo la domanda molto bassa il prezzo dell’elettricità cala. Invece, l’energia che gli impianti immettono durante i picchi viene venduta ad un prezzo molto alto, poiché al contrario la domanda ora è sostanziosa. Questo dondolo economico spinge il commercio energetico ben oltre i confini nazionali. Gli impianti situati sul lato ovest dell’arco alpino (Piemonte, Lombardia e Valle d’Aosta per intenderci) acquistano l’energia prodotta di notte dalle centrali nucleari francesi. Se spegnere temporaneamente un impianto termoelettrico è difficile, spegnerne uno nucleare è difficilissimo! Quindi i francesi, che hanno una produzione energetica quasi completamente coperta dal nucleare, si ritrovano un surplus energetico notturno pazzesco. Per riportare la rete sotto controllo, vendono parte di questa energia agli impianti a pompaggio dei loro cugini italiani: les jeux sont faits.

Figura 3: mappa dei movimenti di energia all’interno e all’esterno dei confini nazionali, dove una buona parte di quelli sull’arco alpino è gestita da centrali idroelettriche a pompaggio (fonte: Pearltrees)

Anche le fonti rinnovabili intermittenti possono trarre giovamento dalla presenza di centrali idroelettriche a pompaggio. Un esempio virtuoso è El Hierro, la più piccola delle isole Canarie. È abitata da circa 11000 persone e, come tutti i luoghi isolati, era rifornita di energia da grandi centrali a motore Diesel. Tutto è cambiato quando la società spagnola Gorona del Viento ha fiutato il potenziale per rendere quest’isola più sostenibile, installando un impianto combinato eolico – idroelettrico a pompaggio.

Conclusione

Cinque turbine eoliche, da 2,3 MW ciascuna, sono la fonte principale di produzione di potenza. Sono affiancate da un sistema di idroelettrico a pompaggio, che sfrutta 715 metri di dislivello e la presenza di caldere vulcaniche naturali per posizionare i due bacini d’acqua. Ovviamente, l’unità Diesel non è stata smantellata per rimanere a disposizione nel caso entrambi i sistemi dovessero risultare insufficienti, ma il suo utilizzo è crollato in picchiata: la centrale a pompaggio riesce a smussare l’imprevedibilità della produzione dell’eolico, garantendo il 65% della copertura energetica dell’isola totalmente da fonti rinnovabili. In questo modo si evita l’immissione di 18700 tonnellate di CO2 all’anno! El Hierro sarà dunque l’isola più piccola del suo arcipelago, ma in termini di sostenibilità fa senza dubbio la voce grossa.

Figura 4: foto panoramica dal suo bacino superiore (fonte: Idom)

Le centrali idroelettriche a pompaggio hanno un ruolo da protagonista nella gestione delle reti elettriche nazionali. Sono versatili, rapide nel fornire e consumare potenza, forniscono stabilità alle fonti rinnovabili intermittenti e sono pure redditizie: si può quindi affermare che due bacini siano meglio di uno.

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Avatar Ilaria Giaccardo