Rigogliose città sottomarine, luoghi magici e fantastici, in cui ogni centimetro di spazio è colmo di vita e di colori. Sì ok, ora smetti di pensare a quel pesce pagliaccio che molto probabilmente ha tenuto compagnia anche a te per molti anni della tua infanzia. Ma ci sei andato vicino, perché ti sto parlando delle barriere coralline, uno tra gli ecosistemi più ricchi di biodiversità al mondo. Rappresenta un rifugio per un’incredibile varietà di animali marini. Dalle tartarughe alle aragoste, dagli squali alle lumache di mare e tante altre specie… E sì, anche per Nemo!
C’era una volta un oceano a temperatura “tiepida”
La vita negli oceani è iniziata circa 3,5 miliardi di anni fa e da allora, la sua evoluzione non si è mai fermata. Dato che più del 70% della superficie del Pianeta è ricoperta da acqua, i cambiamenti climatici e la salute dei mari sono legati tra loro. Infatti gli oceani giocano un ruolo molto importante nell’equilibrio del pianeta, dal momento che aiutano a regolare il clima, sia assorbendo il calore derivante dall’eccessivo accumulo di gas serra nell’atmosfera, sia catturando i composti del carbonio, rilasciati dalle attività antropiche e dagli incendi nella vegetazione sottomarina.
Per tale ragione negli ultimi anni il riscaldamento globale, causato dalle emissioni crescenti di gas serra, in particolare di anidride carbonica, ha portato ad un aumento delle temperature sia dell’aria che degli oceani. Tali fenomeni influenzano il clima, favorendo l’intensità di eventi meteorologici estremi, e stravolgono gli ecosistemi marini, a partire dagli impatti sui coralli sino ai cambiamenti nelle dinamiche degli equilibri delle specie.
Ma qual è il ruolo dell’uomo?
Il mare ha meno ossigeno, è più acido e più caldo. Certamente le regioni interessate da tale fenomeno sono quelle geologicamente attive con crosta giovane sottile, vulcanismo sottomarino attivo, e con fratture e faglie profonde. Questi sono i luoghi di maggior emissione di magma caldo e fluido.
Tuttavia è altrettanto ovvio che questo andamento non si limita ad essere una mera manifestazione della variabilità naturale del clima, ma è invece guidato anche da cause esterne, tutte riconducibili all’inquinamento atmosferico ed in particolare alla presenza nell’aria di gas serra e polveri sottili contenenti solfati, a seguito della combustione di fonti fossili. A dimostrazione di ciò sono state tante le azioni di carotaggio eseguite dagli scienziati in Antartide. Quest’ultima infatti è una tecnica di campionamento che consiste nel prelevare delle carote di ghiaccio per mezzo di una speciale attrezzatura detta carotiere, al fine di compiere un’indagine sul clima e sulle condizioni atmosferiche del passato. Proprio tale sistema ha permesso di svelare il contenuto di gas serra e le temperature di oltre un milione di anni fa, ottimizzando i modelli di previsione dei cambiamenti climatici e fornendo in generale delle prove inconfutabili dell’impatto antropico sul riscaldamento dei mari.
E in tutto ciò cosa succede ai ghiacciai?
Il surriscaldamento degli oceani provoca inesorabilmente lo scioglimento del ghiaccio nella regione polare e ciò a sua volta influisce sui livelli globali del mare. Quando il ghiaccio si scioglie, una parte maggiore della superficie dell’oceano viene esposta al sole, rilasciando calore e aumentando di conseguenza la temperatura dell’aria.
Se le acque continueranno a riscaldarsi finiranno per sciogliere il permafrost (ovvero lo strato di terreno permanentemente gelato che si trova nel sottosuolo di varie zone terrestri, specialmente ad alta latitudine e ad alta quota): quest’ultimo potrebbe rilasciare nell’atmosfera grandi quantità di gas metano rimaste intrappolate nel terreno per millenni, andando a peggiorare ulteriormente le condizioni ambientali del nostro pianeta.
Ma in pratica di cosa stiamo parlando?
Per farti un’idea immagina che al ritmo attuale, secondo quanto stimato dagli scienziati, per ottenere il riscaldamento dell’oceano occorrerebbe una quantità di energia pari a quella che si sprigionerebbe se sette bombe atomiche come quella sganciata su Hiroshima venissero fatte esplodere ogni secondo per un anno. La cosa ancora più spaventosa è sapere che l’oceano si sta riscaldando non solo in superficie ma anche in profondità. Un gruppo di ricercatori ha scoperto che negli ultimi sessant’anni la profondità media dell’oceano si è riscaldata quindici volte più velocemente rispetto ai diecimila anni precedenti e questa progressione non appare dare alcun segno di arresto.
Le prime vittime del surriscaldamento delle acque
È così che l’oceano si è trasformato in una piscina di acqua bollente e questo sta mettendo a dura prova le barriere coralline. Vittime inermi delle ondate di calore anomalo, i reef stanno bollendo vivi e sbiancando, e non si sa se sopravviveranno a lungo.
Cosa è un corallo?
Ma prima di addentrarci nel vivo della questione è necessario rispondere ad una domanda che probabilmente attanaglia molti: il corallo è un animale o una pianta? Di fatto un corallo è entrambe le cose, trattandosi di una colonia di minuscoli animali, detti polipi, che vivono e si riproducono in gruppi di centinaia e migliaia. Alla base della sopravvivenza di tali polipi vi è però un rapporto simbiotico da loro instaurato con le cosiddette zooxantelle, altri piccoli organismi a metà strada tra animali e piante. L’interazione tra questi organismi è reciprocamente vantaggiosa: in cambio di un riparo all’interno delle cellule dei coralli, le zooxantelle forniscono loro la maggior parte del nutrimento, oltre che il necessario per acquisire quell’affascinante colore brillante che li contraddistingue.
Esistono migliaia di specie di corallo, quasi tutte sessili, ovvero restano attaccate al fondale marino in modo permanente, anziché muoversi. La cosa più importante è che i coralli capaci della creazione di barriere coralline vivono tutti solo ed esclusivamente nelle aree tropicali, caratterizzate da acque poco profonde (fino a circa cento metri), poiché hanno bisogno della luce del sole e di acqua tiepida. Dunque le barriere coralline classiche si trovano a loro agio solo all’interno di un ristretto intervallo di temperature.
Quando gli oceani assorbono calore e la temperatura dell’acqua aumenta, il limite critico superiore viene superato e di conseguenza i coralli iniziano a soffrire di una degenerazione nota come “sbiancamento”. Infatti, una volta sottoposti a stress termico, i coralli espellono le zooxantelle e iniziano a morire letteralmente di fame, perdendo il loro colore brillante e la loro principale fonte di cibo.
Una minaccia non solo per i coralli…
Benché la Grande barriera corallina in Australia sia la più vasta e famosa struttura di corallo del mondo e il centro della biodiversità mondiale sia nell’Asia sudorientale, i reef si trovano in quasi tutti gli oceani della Terra.
Ad oggi però il più grave sbiancamento dei coralli è stato segnalato a largo delle coste della Colombia, di El Salvador, della Costa Rica e del Messico. Tale evento sta determinando una perdita massiccia di posti di lavoro nei settori della pesca e del turismo, e una grave crisi alimentare nelle zone costiere, con conseguente collasso economico e scomparsa di molti paesi insulari. Questo è ciò che la scomparsa della barriera corallina può significare per gli umani ed in particolare per gli ambiti professionali ad esso collegati.
Nel frattempo qualche rimedio della nonna!
Secondo gli esperti, tenere sotto controllo il cambiamento climatico è la cura ideale per mantenere in salute i reef di tutto il mondo. Nel frattempo, è possibile attuare delle attività di recupero a livello locale, le quali possono essere di grande aiuto per i coralli.
Stiamo parlando del cosiddetto “diserbo delle alghe”, una strategia semplice ma efficace, tesa a ripulire le barriere coralline, dando loro un po’ di respiro. Tale pratica consiste nell’estirpare dalle barriere coralline grandi quantità delle alghe più grosse, proprio come facciamo con le erbacce in giardino!
Nei nostri giardini infatti, le erbacce crescendo assorbono acqua e luce solare, ostacolando la crescita dei fiori. Allo stesso modo, in mare le barriere coralline possono subire un processo simile da parte delle alghe, le quali osteggiano lo sviluppo dei coralli.
Conclusione
Infatti quando la copertura di alghe marine è spessa, le piccole larve di corallo hanno difficoltà a muoversi e a stabilirsi sulla barriera, mentre anche quelle che riescono a insediarsi non ricevono sufficiente luce per crescere bene, fino ad essere spazzate via dalle alghe galleggianti o addirittura danneggiate dalle sostanze chimiche e dagli agenti patogeni in esse contenute.
Grazie a tale tecnica, messa a punto da un gruppo di ricercatori australiani, ad oggi al largo della costa nordorientale del Queensland, in Australia, nei pressi di Magnetic Island a Florence Bay, i coralli della Grande barriera corallina stanno vivendo una sorta di “baby boom”. Milioni di “baby” coralli sono stati dispiegati in una specie di guerra subacquea per combattere la presenza di alghe infestanti a seguito della cattiva qualità dell’acqua. Si tratta di un’azione all’insegna del senso civico e nella quale stanno prestando il proprio contributo volontario centinaia di “cittadini scienziati”. I risultati sono promettenti e tutto è teso ad estendere il più possibile la vita delle specie coralline, permettendo loro di guadagnare tempo. Le difficoltà non sono poche, ma in un un mondo che urla il bisogno di civiltà, le speranze sono tante.
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