Vehicle grid integration: l’auto elettrica che ricarica la casa

L’automobile è stata tra le invenzioni del XX secolo che più ha stravolto la vita delle persone, permettendo di accorciare le distanze e velocizzare i tempi come mai prima era stato possibile. Ma la rivoluzione non è affatto finita qua: con l’avvento delle auto elettriche si aprono moltissime nuove prospettive. E se vi dicessi che nel futuro (nemmeno troppo lontano) l’auto elettrica potrebbe dare energia alla vostra casa? Ma andiamo con ordine.

L’idea

La tipologia di auto elettrica più semplice a cui si possa pensare è alimentata da corrente elettrica prelevata da una colonnina di ricarica. Attraverso un connettore, l’elettricità fluisce dentro la macchina e viene accumulata nella batteria interna. Al momento del bisogno, la batteria ormai carica fornisce la corrente necessaria per alimentare un motore elettrico che traina le ruote del veicolo. Quindi, semplificando (forse anche un po’ troppo) l’auto elettrica non è altro che una batteria in movimento.

Immaginate ora di andare al lavoro con la vostra auto elettrica e di ricaricarla nel parcheggio dell’ufficio mentre state lavorando. Alla fine della giornata rientrate a casa e collegate l’auto, ma non per caricarla nuovamente: volete invece scaricarla, invertendo il flusso di corrente dalla macchina verso la casa, per alimentare le luci e gli elettrodomestici. Ciò che avete appena fatto è solo una delle possibili applicazioni della tecnologia Vehicle grid integration, abbreviata con VGI e letteralmente traducibile come “integrazione rete – veicolo”: benvenuti nel futuro.

Figura 1: con la tecnologia Vehicle grid integration l’auto elettrica può diventare un generatore di potenza elettrica per la casa e anche per la rete elettrica stessa (fonte: The Driven)

Le potenzialità

L’avvento di questa tecnologia ha la capacità di svoltare l’idea stessa di rete elettrica. L’auto diventa a tutti gli effetti una batteria mobile, in grado di iniettare potenza non solo alle abitazioni ma anche all’interno della struttura di distribuzione stessa. In questo modo diventa un prezioso giocatore nella fragile partita del bilanciamento del sistema elettrico (per saperne di più vi rimandiamo all’articolo “Bilanciamento della rete: perché dovremmo avere paura di una papera”). Per delineare al meglio le potenzialità di questa tecnologia sono state definite diverse sigle in base agli usi dell’energia:

  • V2L: Vehicle to load. L’auto fornisce energia a un qualunque sito abbia bisogno di potenza, con particolare interesse verso le situazioni di emergenza. Immaginate se dopo una calamità naturale, che spesso causa disconnessioni alla rete lasciando i superstiti totalmente privi di elettricità, una flotta di “ambulanze energetiche” potesse recarsi sul luogo e scaricare le proprie batterie, fornendo energia in attesa che il collegamento sia ripristinato: che idea prodigiosa!
  • V2H: Vehicle to home. L’auto partecipa alla gestione del sistema energetico della casa. Può anche essere affiancata ad altri elementi presenti localmente, come pannelli fotovoltaici, pompe di calore o pacchi batterie domestici.
  • V2B: Vehicle to building. Un sistema più potente, che può fornire energia non solo a singole case ma anche ad uffici e ad interi complessi residenziali.
  • V2G: Vehicle to grid. Lo stadio finale più completo di tutti: il veicolo si interfaccia con la rete elettrica stessa, fornendo non solo potenza ma soprattutto preziosi servizi di gestione del sistema.

I problemi da superare

Ci sono ancora parecchi ostacoli da sormontare prima che questa idea innovativa possa prendere piede. Il primo riguarda la mancanza di standard sulla forma dei connettori di ricarica.

Per effettuare trasferimenti di potenza in entrambe le direzioni (dalla rete alla macchina e viceversa) è necessario utilizzare la corrente continua. Questo è il modo migliore perché permette di trasferire correnti maggiori rispetto alla corrente alternata, riducendo notevolmente i tempi di ricarica (e di scarica). Questa necessità tecnica riduce di molto la gamma di spinotti disponibili, ma purtroppo restano ancora varie opzioni usate indistintamente senza uno standard definito, aumentando così la confusione in materia.

I due grandi competitor ad oggi sono la tecnologia CHAdeMO e quella CCS (sigla per Combined Charging System), che propongono soluzioni molto differenti tra loro. In più, se si considera che Tesla sta lanciando la propria personale configurazione, totalmente diversa dalle altre due, la situazione si complica ulteriormente.

Figura 2: In ordine da sinistra verso destra, i connettori proposti da CCS, CHAdeMo e Tesla… che confusione! (fonte: EV safe charge)

Questo problema non è nient’altro che un sotto caso di un problema più grande: la mancanza di una regolamentazione uniforme in materia. Spesso le tecnologie sono pronte, ma non possono essere utilizzate a pieno perché vincolate da leggi non adeguate. Da questo punto di vista l’Italia sta facendo grandi passi avanti. L’ultimo decreto ha ridotto la taglia minima per includere il Vehicle grid integration nel mercato del dispacciamento dell’energia da 1MW a 200 kW.     

Siamo ancora lontani dalle potenze della singola unità abitativa, che in media consuma 5kW, ma è un buon inizio. Per rientrare nella taglia della normativa si devono infatti raggruppare più utenti facendoli operare all’unisono, come fossero una piccola centrale elettrica. Più la taglia di questa centrale “virtuale” si riduce più è facile gestirla e usarla per bilanciare la domanda locale di energia: la normativa sta procedendo verso questa direzione.

Scendendo un po’ di più negli aspetti tecnici, il grande punto interrogativo della tecnologia resta capire se contribuisce a ridurre la vita della batteria dell’auto. La capacità di una batteria inizia a degradarsi dopo un certo numero di cicli di carica e scarica, ma ancora sappiamo molto poco di come il Vehicle grid integration possa partecipare o forse accelerare questo processo di invecchiamento.

Tutte queste difficoltà però non devono assolutamente scoraggiarci! Come 300 anni fa era impensabile che l’uomo si sarebbe potuto muovere con un mezzo più efficace del cavallo, così oggi stiamo cercando di sbriciolare altre certezze, dando libero spazio ad un futuro pieno di possibilità.

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Avatar Ilaria Giaccardo