Raggi-X per applicazioni biomediche

I raggi-X hanno origini misteriose, come i poteri mutanti degli X-men. Si sviluppano a partire dai processi caratteristici di diseccitazione negli atomi (Raggi-X caratteristici) o dall’energia rilasciata dalle particelle cariche ad alto contenuto energetico (ad esempio gli elettroni) come conseguenza dell’interazione con un nucleo atomico (il fenomeno del Bremsstrahlung).

Il primo caso si ha quando un elettrone eccitato ricade in uno stadio a più bassa energia. Esso va incontro ad un rilassamento elettronico (diseccitazione). Questo provoca il rilascio di un fotone γ, con un’energia corrispondente alla differenza tra l’energia di legame degli elettroni nello stadio eccitato e quella dell’orbitale elettronico più interno (come riportato in Figura 1).

Figura 1: Differenza tra i processi di Eccitazione Atomica e Diseccitazione Atomica, “The Bohr Model” (Fonte: University of Rochester)

Nel secondo caso, invece, i raggi-X sono generati da un fascio di elettroni che colpiscono un target metallico con una quantità ben definita di energia. Ciò che avviene è una reazione nucleare (eq. 1) in cui un elettrone libero interagisce con un nucleo. I due prodotti sono sempre un nucleo ed un elettrone, ma ad energia più bassa, poiché parte di essa viene rilasciata per emissione di un fotone γ (con un energia minore di quella dell’elettrone). Inoltre, l’elettrone cambia la sua direzione, mentre la sua energia è in parte ceduta al nucleo (vedi Figura 2). Questo meccanismo può essere adottato per la produzione di raggi-X nella medicina nucleare.

$$e^- + {}^A_Z X \rightarrow e^- + {}^A_Z X + \gamma $$

Figura 2: Schema del fenomeno del Bremsstrahlung (Fonte: University of Bologna)

Radiazione di Bremsstrahlung e fluorescenza

L’energia del fotone oscilla tra 0 e l’energia cinetica dell’elettrone. Dopo l’emissione, l’elettrone diffuso possiederà un’energia cinetica pari alla differenza tra la sua energia iniziale e quella del fotone. Esso sarà in grado di generare un altro fotone con energia che può assumere sempre un valore compreso tra 0 e l’energia cinetica dell’elettrone stesso. Il processo continua finché l’energia finale dell’elettrone va a zero.

Si può quindi comprendere come il numero di fotoni generati dipende dall’energia cinetica dell’elettrone. Sviluppando tutti i calcoli, si può dimostrare che materiali più spessi risultano migliori per applicazioni biomediche. Infatti, in queste situazioni ci sarà un’alta probabilità per gli elettroni di perdere la loro energia e, quindi, di rilasciare un alto numero di raggi-X.

Lo spettro energetico dei fotoni (ossia l’energia che fluisce attraverso una data superficie in 1 secondo) prende il nome di spettro di Bremsstrahlung (vedi Figura 3) ed è specifico per ciascun atomo. Questo spettro, in particolare, presenta dei picchi che sono una conseguenza del gap tra i livelli energetici degli orbitali atomici, dovuto all’energia associata al fotone emesso.

Figura 3: Spettro di Bremsstrahlung(Fonte: PhysicsOpenLab.org)

Dove si collocano i raggi-X nello spettro elettromagnetico?

Osservando la Figura 4, si può apprezzare come nello spettro EM ci sia sempre una grande variabilità di frequenza, energia e lunghezza d’onda, quindi le radiazioni associate mostrano proprietà diverse. Il confine tra i raggi-UV ed i raggi-X non è particolarmente definito, mentre la distinzione tra raggi-γ e raggi-X è considerata perlopiù una conseguenza della sorgente che li ha generati: naturale per i raggi-γ (ne abbiamo parlato nell’articolo “I primi passi nella medicina nucleare“) ed artificiale per i raggi-X.

Figura 4: Spettro elettromagnetico e dispositivi associati. I raggi-X sono caratterizzati da una bassa lunghezza d’onda, un alto numero d’onda ed un’alta frequenza (Fonte: pinterest.com)

Come funziona un tubo a raggi-X?

Uno tra i primi strumenti adottati per produrre raggi-X è rappresentato dal tubo di Coolidge (schematizzato in Figura 5). Questo dispositivo è caratterizzato da un tubo a vuoto, per evitare che le molecole d’aria possano impattare con gli elettroni riducendone l’energia cinetica e, di conseguenza, la generazione di raggi-X.

Entrando più nello specifico, gli elettroni sono emessi da un catodo, scaldato per effetto Joule fino ad una temperatura di 1000 °C, per mezzo di un generatore ad alto voltaggio. Questi sono accelerati da un secondo generatore posizionato tra il catodo e l’anodo, in modo da raggiungere il livello energetico richiesto per produrre raggi-X (ne abbiamo parlato nell’articolo “Acceleratori di particelle per applicazioni biomediche”).

La quantità di elettroni emessi dipende principalmente dalla temperatura. Può essere inoltre dimostrato che più alta è la differenza di voltaggio tra l’anodo ed il catodo del secondo generatore, più alta è l’energia cinetica degli elettroni che impattano l’anodo e, conseguentemente, più alta è l’energia cinetica massima associata ai raggi-X prodotti.

Figura 5:Schema di un tubo di Coolidge per la generazione di raggi-X (Fonte: ankplanet.com)

Interazione tra i raggi-X e la materia

Nel campo biomedico, quando i raggi-X colpiscono il corpo del paziente, la radiazione si diffonde attraverso di esso. La porzione trasmessa viene collezionata in un detector, un dispositivo utilizzato per rilevare segnali EM (un po’ come il radar di un supereroe, ma meno glamour). Si produce un’immagine che mostra diversi colori in base al coefficiente di assorbimento delle radiazioni (per esempio, più alto per le ossa, intermedio per i muscoli o più basso per l’aria) e spazia dal bianco, al grigio chiaro e poi al grigio scuro, consentendo di distinguere tessuti diversi nell’immagine finale.

I tipi di raggi-X

In base al comportamento mostrato dai raggi-X quando interagiscono con un tessuto target, è possibile definire due categorie di raggi: i primari ed i secondari.

I raggi-X primari possono andare incontro ad assorbimento o scattering. Il fenomeno dello scattering rappresenta un tipo di collisione che modifica la direzione dei raggi-X incidenti quando questi attraversano la materia. I raggi che si sviluppano in seguito a questa collisione sono i raggi-X secondari, che rendono l’immagine stampata meno chiara.

Per ovviare al problema si utilizza un collimatore, ossia un filtro posizionato al di sopra del film fotografico e costituito da un materiale con un alto coefficiente di assorbimento (ad esempio, il piombo). Ne consegue che esso è in grado di collezionare i raggi-X secondari, evitando che questi raggiungano il bersaglio, con una conseguente perdita di qualità dell’immagine. Invece, i raggi-X primari sono in grado di attraversare i canali del collimatore, impattando il film fotografico e, dunque, restituire successivamente l’immagine stampata. Una vista schematica è fornita in Figura 6.

Figura 6: Percorso dei raggi-X dalla sorgente al detector, “X-RAY Diffraction Instrumentation: Source, Detector, Application and MCQ” (Fonte: gpatindia.com)

Il coefficiente di assorbimento dipende dal tipo di materiale. In Figura 7 è rappresentato questo fattore per entrambe le molecole biologiche e le sostanze non viventi (ad esempio, il materiale che costituisce il collimatore) come funzione dell’energia dei fotoni. Se i fotoni mostrano un ridotto contenuto energetico, il coefficiente di assorbimento risulta molto alto. Nonostante ciò, esistono alcune difficoltà tecnologiche quando si cerca di accelerare queste particelle nell’ordine dei MeV.

Coefficiente di assorbimento per i raggi-X come funzione dell’energia del fotone per alcuni componenti biologici e non (“Biomedical and industrial applications of radiation”, Professor Gianni Coppa, a.a. 2022/2023)

Come si comportano i raggi-X nella cura del cancro?

Uno dei maggiori svantaggi per gli acceleratori di particelle è dovuto al costo delle macchine coinvolte. I raggi-X sono un’alternativa economica e possono essere prodotti mediante decadimento radioattivo.

Per il trattamento di numerosi tumori non è richiesta un’elevata profondità di penetrazione all’interno del corpo e, pertanto, i raggi-X risultano un buon alleato nella cura del cancro.

Confrontati con altre tecnologie (vedi Figura 8), come i fasci di protoni e di elettroni, i nostri protagonisti sono infatti in grado di rilasciare la maggior parte della loro energia all’inizio del loro percorso. Ciò non li rende particolarmente efficaci per tumori non superficiali, poiché altrimenti un alto contenuto di energia verrebbe rilasciato in altri tessuti, con un elevato rischio di danneggiare quelli sani.

Al fine di migliorare questa tecnologia e preservare quanto più possibile le cellule sane, è spesso necessario ruotare la sorgente di raggi-X intorno al corpo dei pazienti, sia per evitare di esporre per troppo tempo le stesse regioni alle radiazioni e sia per attaccare il tumore da diversi punti.

Profondità di penetrazione dei raggi-X ed elettroni nel carbonio e nell’ossigeno nella cosiddetta “finestra d’acqua” tra il carbonio e l’ossigeno nei gusci elettronici d’assorbimento-K (“Scanning luminescence x-ray microscopy exploring the use of quantum dot nanocrystals as high spatial resolution biological labels”, Jan Steinbrener, Master of Arts in Physics, May 2006)

Conclusioni

Nella cura del cancro, i raggi-X rappresentano una proposta più economica rispetto agli acceleratori di particelle, ma la loro applicazione è circoscrivibile ai soli tumori superficiali. Al fine di migliorare le loro performances, può essere applicata una rotazione della sorgente attorno al corpo dei pazienti. Una possibile alternativa, è rappresentata dalle sorgenti interne di radiazione, come la brachiterapia e la radioembolizzazione, entrambe in grado di garantire un trattamento più selettivo, in grado di risparmiare le cellule sane e di distruggere quelle tumorali.

Matteo Agati & Gabriele Galasso

Abbiamo stimolato la tua curiosità? Puoi saperne di più consultando le nostre fonti:

  • “Radiation Physics for Medical Physicists”, 3rd edition, Ervin B. Podgoršak. Graduate Texts in Physics. Springer, 2016, ISBN: 978-3-319-25380-0. DOI: 10.1007/978-3-319-25382-4
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