Il teleriscaldamento di New York: ecco perché fuma

Non c’è dubbio che New York sia una città iconica. Tra le tante caratteristiche che la contraddistinguono spiccano le distintive fumarole di vapore che si innalzano da tombini e colonne bianche ed arancioni, nel bel mezzo del traffico brulicante. Questi geyser artificiali sono l’unica traccia in superficie di una rete sotterranea che si estende per l’intera città. Non stiamo parlando delle rinomate fogne di New York, che secondo una leggenda metropolitana (ovviamente smentita!) sono popolate addirittura dai coccodrilli, ma del sistema di teleriscaldamento. Oggi discorreremo a lungo di questo apparato, che garantisce il riscaldamento non solo ai cittadini americani ma a quelli di tutto il mondo, raccontandovi anche di un paio di eccellenze italiane in materia.

Teleriscaldamento, questo sconosciuto

Il teleriscaldamento è una rete di produzione, trasporto e utilizzazione del calore, del tutto analoga alla ben più nota rete elettrica ma in versione idraulica, essendo il vettore dell’energia non l’elettricità ma l’acqua. Lo scopo è quello di recuperare dei flussi di calore di scarto per riscaldare gli edifici, come case, uffici ed attività commerciali. Gli scarti di calore sono ben più frequenti di quello che si può immaginare. Gran parte dei processi industriali perde parte dell’energia in calore, solitamente disperso in atmosfera tramite i fumi che escono dai camini.

Altre fonti di calore di scarto papabili per rifornire la rete sono i flussi derivanti dal raffreddamento dei datacenter informatici (i computer soffrono il caldo e devono essere mantenuti ad una temperatura sempre pressoché costante) e dalle celle frigorifere dei grandi supermercati (per capirne le origini ti rimandiamo al nostro articolo “Yakhchal: i frigoriferi persiani nel deserto”). Il calore può anche essere generato da centrali di produzione. Le sorgenti principali di questo tipo sono gli impianti cogenerativi, macchine in grado di produrre in maniera combinata sia elettricità che calore a partire da un solo combustibile, i termovalorizzatori (se non ti sono familiari impara a conoscerli con il nostro articolo “In cosa consiste un termovalorizzatore?”) e tantissime fonti rinnovabili, come la geotermia, il solare termico e la biomassa.

Figura 1: raccolta delle principali sorgenti di calore e degli utilizzatori finali delle reti di teleriscaldamento (fonte: HeatNet NWE)

Tutto questo calore viene poi trasmesso ad un fluido termovettore, solitamente acqua, che si sposta lungo le condotte di mandata per raggiungere gli edifici. Una volta arrivato, cede il suo calore al circuito interno dell’edificio, quello che entra ed esce dai termosifoni per intenderci, sostituendosi alle tradizionali caldaie. Dopo aver compiuto il suo lavoro, l’acqua ormai fredda torna indietro, tramite le condotte di ritorno, verso le centrali di teleriscaldamento per essere di nuovo riscaldata e ricominciare il ciclo.

Figura 2: schema di funzionamento delle reti di teleriscaldamento (fonte: Green Cluster)

Primati italiani: Torino e Varese

Nel campo del teleriscaldamento, in Italia ci sono molte eccellenze. La prima degna di nota è la rete di Torino, la più estesa a livello nazionale. Entrata in funzione dai primi anni ’80, rifornisce 645.000 abitanti, coprendo il 57% del volume edificato della città e dei comuni limitrofi, come Nichelino e Moncalieri. Le tubature si estendono per 679 km, fornendo ogni anno 2000 GWh di energia termica. Se questi numeri vi sembrano giganteschi, tenete a mente che la rete di teleriscaldamento di Torino è in continua espansione, quindi nel momento in cui leggerete questo articolo saranno sicuramente aumentati ancor di più!

Figura 3: a sinistra la mappa della rete di teleriscaldamento di Torino, a destra uno degli impianti più grandi che la rifornisce, la centrale di Torino Nord (fonte: IREN)

Se Torino si distingue per le dimensioni, Varese lo fa per la sostenibilità. La città lombarda è infatti pioniera nel campo del teleriscaldamento solare, ovvero l’integrazione del solare termico nelle reti di teleriscaldamento. L’impianto di Varese Risorse, operativo dal 2015, è composto da 73 collettori solari, con un’estensione complessiva di 990 metri quadri. È in grado di produrre circa 500 mila kWh all’anno, pari al fabbisogno di 150 appartamenti. Per produrre la stessa energia con i combustibili fossili si consumerebbero 43 tonnellate di petrolio all’anno, emettendo 108 tonnellate di CO2. Varese è soprannominata la città giardino e questo impianto ne tiene sicuramente alto l’onore.

Figura 4: veduta dei collettori solari (a sinistra) e delle tubazioni (a destra) della centrale del teleriscaldamento solare di Varese Risorse (fonte: Legambiente)

New York, New York…

Dopo questo lungo excursus, torniamo nella Grande Mela per risolvere l’enigma dei tombini fumanti. Il sistema di teleriscaldamento di New York è diverso da quello italiano, perché non sfrutta acqua liquida come fluido termovettore ma vapore. Il motivo è prettamente tecnico: essendo Manhattan piena di grattacieli, il calore deve raggiungere piani molto alti. Il vapore tende naturalmente a salire, quindi riesce a raggiungerli senza dover spendere energia, come invece accadrebbe se si dovesse pompare acqua fino in cima.

Gestire il vapore è però molto più impegnativo rispetto all’acqua liquida. Essendo a temperatura molto più alta ci sono molte perdite di calore lungo il percorso delle tubazioni, perché la differenza di temperatura rispetto all’ambiente esterno è maggiore, ed è molto più difficile integrare le fonti rinnovabili in questo tipo di configurazione, poiché non tutte riescono a produrre acqua sufficientemente calda da farla evaporare. Sommate queste condizioni critiche ad una rete di tubature vecchia 150 anni e i cedimenti sono assicurati: le condotte si crepano facendo fuoriuscire il vapore, che si fa strada dal sottosuolo all’esterno passando per i tombini della città. La manutenzione massiccia è impossibile, poiché vorrebbe dire lasciare interi quartieri senza riscaldamento e congestionare la viabilità chiudendo le strade per gli scavi.

La soluzione è quindi arginare e controllare il problema, convogliando le perdite di vapore lungo le iconiche colonnine a strisce bianche ed arancioni per evitare che feriscano i newyorkesi, sia direttamente ustionandoli o causando incidenti stradali a causa della visibilità ridotta. Ecco come la città riesce a gestire una delle reti di teleriscaldamento più antiche e grandi del mondo, trasformando un inconveniente tecnico in un simbolo distintivo… che strategia di marketing!

Figura 5: una porzione della labirintica rete di tubature che compone il teleriscaldamento di New York (fonte: Untapped Cities)

Conclusione

Abbiamo quindi svelato l’arcano dei tombini di New York, portando alla luce la tecnologia del teleriscaldamento. Ci sarebbe ancora così tanto da raccontare su questa tipologia di rete, così basilare per il funzionamento di milioni di edifici in tutto il mondo ma spesso messa in secondo piano rispetto alle sue sorelle maggiori, le reti elettriche e del gas. Eppure la decarbonizzazione deve anche avvenire nel settore del riscaldamento: le caldaie a gas dovranno essere sostituite e il teleriscaldamento, se integrato con le fonti rinnovabili, può dimostrarsi un eccellente rimpiazzo.

Abbiamo stimolato la tua curiosità? Puoi saperne di più consultando le nostre fonti:

Avatar Ilaria Giaccardo