Yakhchal: i frigoriferi persiani nel deserto

Gli elettrodomestici hanno sconvolto la nostra quotidianità. Già solo 300 anni fa era impensabile poter lavare i panni senza sbucciarsi le nocche con le assi da lavandaia o conservare il cibo a lungo con l’ausilio del freddo, o forse no… Se vi dicessi che più di 2000 anni fa i persiani avevano già sviluppato una ghiacciaia molto efficace, in grado di preservare il ghiaccio nel bel mezzo del deserto, chiamata Yakhchal? Come facevano? Ma soprattutto, in cosa differivano dalle nostre moderne celle frigorifere? Risponderemo a tutte le vostre domande, avventurandoci in un viaggio da brivido.

Raffreddare: sembra semplice ma non lo è

Prima di arrivare ai persiani, dobbiamo capire perché sia così difficile costruire un frigorifero. Riscaldare un oggetto è estremamente semplice, infatti già i nostri antenati preistorici avevano imparato a padroneggiare il fuoco, mentre al contrario raffreddarlo non è per nulla facile. La colpa sta nelle leggi della termodinamica, un insieme rigoroso di regole alla base del nostro intero universo. Tutto parte da una certezza inviolabile: il calore si muove sempre da corpi più caldi a corpi più freddi.

Questa è la direzione naturale del moto: quando d’inverno appoggiamo le mani sul termosifone, il calore si sta muovendo dal termosifone verso di noi e mai al contrario. Si può dunque sfruttare questo fenomeno per costruire delle macchine termiche, ossia dispositivi in grado di generare un lavoro meccanico nel passaggio del calore da una sorgente a temperatura maggiore ad una a temperatura minore. Potremmo elencarvi un’infinità di esempi al riguardo: i motori delle automobili, le macchine a vapore, le turbine a gas e tanti altri. Ovviamente la conversione non sarà mai perfetta, ma questa è un’altra storia.

Figura 1: funzionamento di una macchina termica (fonte: Youmath)

Con Clausis non si scherza

Se si prova a cambiare le regole del gioco, le cose non sono più così facili. Per raffreddare un oggetto bisognerebbe far muovere il calore nel verso opposto: dal corpo freddo (la cella del frigorifero contenente la nostra spesa) al corpo caldo (la cucina in cui il frigo è collocato). Nel tentativo di commettere questa effrazione, veniamo immediatamente bloccati dal secondo principio della termodinamica. Esistono tante formulazioni di questo principio, ma in questo caso la più esaustiva è l’enunciato di Clausius, che recita così:

“è impossibile realizzare una trasformazione termodinamica il cui unico risultato sia quello di far passare del calore da una sorgente a temperatura inferiore ad una a temperatura superiore”. Eppure i frigoriferi esistono, come è quindi possibile? La soluzione è il classico magheggio all’italiana: aggirare l’ostacolo con un “aiutino”, cioè fornendo del lavoro al sistema. Ecco quindi che nelle macchine frigorifere il lavoro non viene prodotto ma speso, in modo tale da trasferire il calore dalla sorgente a temperatura minore ad una a temperatura maggiore. Fatta la legge, trovato l’inganno.

 
Figura 2: funzionamento di una macchina frigorifera (fonte: Youmath)

Nelle viscere di un frigorifero

Cerchiamo di capire come fanno le macchine frigorifere a compiere questo miracolo termodinamico. Sono quattro i componenti che fanno parte di questi tipi di impianti: un evaporatore, un compressore, un condensatore e una valvola di espansione.

Facciamo finta di rimpicciolirci e di entrare nel circuito idraulico del frigo, così da comprendere che cosa accade in ogni fase del processo. Il fluido che scorre al suo interno è liquido prima di entrare nell’evaporatore. Come suggerisce il nome, in questo componente avviene il cambio di fase da liquido a vapore. Per farlo è necessario assorbire del calore, che viene preso dall’interno della cella del frigorifero, raffreddandola. Una volta evaporato, il fluido subisce un repentino aumento di pressione nel compressore, per poi ritornare alla fase liquida passando all’interno del condensatore. Al contrario del precedente, questo passaggio di stato rilascia calore, che viene rigettato nella cucina: se mettete la mano vicino alla serpentina sul retro del frigorifero la sentirete calda proprio per questo motivo.

Termodinamica del frigorifero Yakhchal

Abbiamo quindi identificato i tre flussi di energia descritti dall’enunciato di Clausius: il lavoro viene utilizzato dal compressore per far muovere il calore dalla cella frigorifera, tramite l’evaporatore, verso la cucina, tramite il condensatore.

È rimasta soltanto la valvola di espansione. Essa è il cuore di tutto il processo e sfrutta un effetto molto curioso, chiamato effetto Joule-Thompson. Quando un fluido subisce un abbassamento di pressione anche la sua temperatura cambierà.

Se si costruisce un grafico di queste trasformazioni si possono delimitare due zone ben precise, divise dalla cosiddetta curva di inversione. Questa curva divide due differenti andamenti della temperatura al diminuire della pressione: una zona in cui la temperatura diminuisce ed una in cui aumenta. L’obiettivo della valvola di espansione è di far diminuire sia la pressione che la temperatura del fluido. In questo modo, il fluido raggiungerà l’evaporatore a bassa temperatura, in modo da riscaldarsi assorbendo il calore prelevato dalla cella frigorifera e ricominciando così il ciclo.

A causa di questo fenomeno, non tutti i fluidi sono in grado di operare in un ciclo frigorifero, ma solo quelli in cui le temperature di esercizio ricadono nella zona di raffreddamento. Ecco perché non vedrete mai un frigo alimentato ad acqua!

Figura 3: a sinistra uno schema di funzionamento di un frigorifero, a destra un diagramma che mostra l’effetto Joule-Thompson (fonti: Edutecnica e Science.unitn)

Yakhchal: il miracolo del ghiaccio in pieno deserto

Dopo questa lunghissima premessa possiamo tornare dai nostri amici persiani per parlare degli Yakhchal. Il loro funzionamento è ovviamente molto diverso dai frigoriferi moderni, non essendo stata ancora inventata l’elettricità, ma non per questo meno affascinante. Gli Yakhchal sono imponenti strutture a cupola formate da uno speciale cemento composto da sabbia, argilla, albume d’uovo, calce, peli di montone e cenere. I muri in questo materiale sono degli eccellenti isolanti termici, impedendo ai torridi raggi solari del deserto di penetrare all’interno, e la loro forma conica fa convogliare l’aria calda verso l’alto.

Dentro la cupola venivano depositati grandi blocchi di ghiaccio estratti dalle montagne, insieme al cibo da preservare. Tutto attorno alla camera frigorifera scorrevano i Qanat, una serie di bacini e canali per sfruttare le riserve acquifere sotterranee per irrigare i campi. Si potrebbe parlare per ore dei Qanat, meraviglie d’ingegneria che muovevano immense quantità di preziosissima acqua soltanto grazie alla gravità. Ma torniamo a noi: essendo nel bel mezzo del deserto, una certa quantità dell’acqua dei Qanat evapora. Come abbiamo visto prima, l’evaporazione richiede un flusso di calore, che in questo caso arriva dall’interno della cupola degli Yakhchal, raffreddandone il contenuto. Il funzionamento è esattamente lo stesso della cella frigorifera ma in maniera completamente passiva, poiché non richiede l’uso di elettricità… geniale!

Figura 4: a sinistra il complesso sistema dei Qanat, a destra il bilancio energetico alla base del funzionamento degli Yakhchal (fonti: Misfits’ Architecture e Undisciplined environments)

Conclusione

Abbiamo dunque scoperto che il frigorifero è ben più vetusto di quello che pensavamo. Sia le macchine moderne che le strutture antiche sono dei prodigi dell’ingegneria, in grado di rendere l’impossibile alla portata di tutti. Se volete una prova dell’efficacia degli Yakhchal vi basti pensare che uno dei piatti tipici degli antichi persiani, preparato ancora oggi in Iran, è il Faloodeh: degli spaghetti di riso mescolati con acqua ghiacciata alle rose e lime… un antenato del sorbetto!

Abbiamo stimolato la tua curiosità? Puoi saperne di più consultando le nostre fonti:

Avatar Ilaria Giaccardo