La fragilità della rete europea del gas naturale

La parola “fragile” deriva dal latino fragilem e ha la stessa radice di “rompere” (frangere) e “frammento” (fragmentum). Non c’è dunque vocabolo più adatto per descrivere la rete europea del gas naturale, ricca di criticità tecniche che l’hanno resa terribilmente vulnerabile alla crisi del gas russo del 2021-2022. Ma come diranno i libri di storia tra qualche anno, Putin fu solo la goccia che fece traboccare il vaso. Oggi smonteremo quel vaso e pezzo dopo pezzo scoveremo tutte le sue crepe.

C’era una volta il Covid-19

Dopo la pandemia di Covid-19, il mondo aveva fame di energia: la portata più sostanziosa per soddisfare questo grande appetito è il gas naturale. Ecco dunque che la sua fornitura è aumentata notevolmente, andando in netta controtendenza rispetto alle politiche mondiali di graduale riduzione delle fonti fossili. L’effetto si è notato soprattutto in Europa, il continente che si sta impegnando di più in tema sostenibilità: i consumi di gas sono tornati ai valori di 10 anni prima, circa quelli del periodo 2012-2015 per intenderci. In un anno sono stati persi ben 10 anni di progressi verso la diminuzione dei consumi di questa risorsa fossile e di certo Greta Thumberg non ne sarà stata contenta.

L’Europa ha però problemi ben più seri della rabbia di un’attivista svedese: c’è il rischio concreto di rimanere senza gas. Questa crescita improvvisa arriva infatti proprio nel momento sbagliato. Da un lato, le politiche di riduzione della dipendenza dei fossili scoraggiano gli investitori nel capitalizzare in questo ambito. Come dargli torto: nessuno scommetterebbe in un settore che non ha futuro, con rischi concreti di perdere i propri soldi causa severissime sanzioni in vista. Dall’altro, l’instabilità geopolitica delle relazioni con la Russia minaccia l’approvvigionamento di gas al vecchio continente.

Per la prima volta ci si pone la fatidica domanda: se il grande stato sovietico chiudesse i rubinetti, l’Europa potrebbe cavarsela? Nel cercare una risposta confortante, la rete europea del gas naturale è stata analizzata a fondo, facendo emergere una miriade di problemi mai affrontati in maniera diretta: per troppo tempo abbiamo nascosto la polvere sotto il tappeto. Tutte le difficoltà che stiamo per elencarvi hanno un grande denominatore comune: la profonda frammentazione dell’Europa.

Incomprensioni generali

Non esiste un solo gas naturale: ogni giacimento nel mondo ne produce uno dalle proprietà uniche. Affinchè tanti gas diversi possano scorrere insieme nelle tubature, si definiscono dei parametri che ne determinano la qualità e ne garantiscono la sicurezza. Quello più significativo è l’indice di Wobbe, calcolato come segue:

\[ WI = \frac{PCS}{\sqrt{ρ}} \]

Dove PCS è il potere calorifico superiore (l’energia che si ottiene bruciando una massa unitaria di gas) e ρ la densità relativa (la densità del gas rapportata con quella dell’aria). Questo indice, calcolato per un determinato mix di gas naturali, deve sempre essere all’interno di un determinato intervallo per garantire la sicurezza delle condotte. Ecco la prima fragilità: ogni stato europeo decide a suo piacimento questo intervallo, rendendo molto difficile trasferire il gas naturale da una nazione all’altra. Anche la pressione ammissibile dalle tubazioni varia da stato a stato, complicando ulteriormente il problema. Si è creata una torre di Babele contemporanea: in materia di gas naturale, i vari paesi europei non riescono a comunicare tra loro.

Figura 1: range dell’indice di Wobbe di alcuni gas europei… ognuno fa di testa sua! (fonte: articolo di Holger Dörr)

Lo stoccaggio del gas

Le incomprensioni europee non finiscono qui. Ci sono altri due aspetti cruciali nella gestione del gas naturale europeo che sono lasciati completamente alla mercè dei singoli stati: lo stoccaggio e il potere rigassificante. Nel vecchio continente ci sono molti accumuli di gas, che solitamente vengono riempiti in estate, quando non essendoci bisogno di riscaldamento la richiesta è minore, per essere sfruttati d’inverno.

Eppure, non esiste una legge europea che regolamenti il riempimento di questi serbatoi. Ogni stato può scegliere autonomamente quanta capacità di stoccaggio mettere in gioco e anche la quantità da accumulare… non esiste nemmeno l’obbligo di riempirli in vista dell’inverno. Ecco quindi che poco prima che scoppiasse la crisi del gas, il più grande impianto di stoccaggio europeo era praticamente vuoto! Stiamo parlando della centrale di Redhen, in Germania, che alle porte dell’inverno del 2021 era piena solo all’8%.

Nel loro complesso, le strutture di accumulo tedesche erano sfruttate solo al 68%, poco più della metà. Perché ci soffermiamo sulla Germania? Perché questo stato possiede la più grande capacità di stoccaggio del gas naturale in Europa: le sue scelte hanno quindi una pesante influenza sulla capacità di accumulo dell’intero continente, nel bene e nel male.

Figura 2: a sinistra la mappa della capacità di stoccaggio del gas naturale europea, a destra l’impianto di Redhen in Germania (fonti: S&P Global e Astora)

La rigassificazione

Parliamo ora del potere rigassificante, un asso nella manica in grado di sconvolgere il mercato del gas a livello mondiale. Come dice la parola, il gas naturale viene utilizzato sottoforma di gas e il modo più facile per trasportarlo è farlo scorrere in lunghe tubature. In questo modo però il commercio è un po’ limitato, poiché un paese può acquistare gas solo dai propri vicini.

Ecco perché storicamente il più grande fornitore europeo è la Russia: è abbastanza vicina da poterla collegare direttamente e abbastanza ricca di materie prime da rendere vantaggioso questo collegamento. Se si vuole pensare più in grande, si può immaginare di prendere il gas, liquefarlo, metterlo su una nave e farlo girare per il mondo: questo è il famoso GNL (gas naturale liquefatto). Una volta arrivato a destinazione, il liquido viene riconvertito in gas, tramite un impianto industriale chiamato rigassificatore, e viene immesso nella rete locale di tubazioni. In questo modo il commercio si apre a fornitori da tutto il globo, senza vincoli geografici.

L’unico prerequisito è disporre degli impianti di rigassificazione e anche qui ogni nazione fa per sé. Il potere rigassificante europeo non è per nulla omogeneo: lo stato che possiede più impianti è la Spagna, mentre il fanalino di coda questa volta tocca alla Germania.

Figura 3: numero di impianti di rigassificazione operativi (blu) e in costruzione (azzurro) nei vari paesi europei (fonte: Statista)

Ci sono dunque paesi molto più aperti al commercio mondiale di gas rispetto ad altri. Questo vuol dire che sono meno dipendenti da un singolo produttore, potendo spaziare tra varie opzioni. Allora una possibile soluzione sarebbe far arrivare il GNL in questi paesi e da lì trasportarlo nel resto d’Europa. Purtroppo, come abbiamo detto prima, la rete europea è fortemente eterogenea in termini di parametri di qualità e di pressione, ostacolando questa soluzione. Un’occasione sprecata…

Non solo fornelli: usi del gas naturale

C’è ancora un altro fattore che incide sulla fragilità europea in materia gas naturale: il diverso utilizzo che ogni nazione fa di questa risorsa. Infatti, il gas naturale può essere usato direttamente in vari usi finali, come il riscaldamento e l’industria, oppure come materia prima per produrre altre risorse. I due prodotti secondari più importanti sono l’elettricità tramite le centrali turbogas, di cui abbiamo parlato nell’articolo “Nelle viscere di una centrale a gas”, e i fertilizzanti, dove il gas viene utilizzato per produrre il precursore di tutti i concimi: l’ammoniaca.

Non stiamo neanche a ripeterlo: ogni nazione sfrutta il gas a modo suo. Ecco quindi che nei paesi in cui il gas viene usato soprattutto per produrre altre risorse, la sua crisi si propaga a cascata anche nei settori in cui esso è precursore. In Italia una fetta sostanziosa dell’energia elettrica viene prodotta dal gas naturale: la crisi ha portato anche a una crisi dell’energia elettrica, facendo schizzare alle stelle le bollette per entrambe le forniture. Questo problema non si è verificato ad esempio in Francia, dove la quasi totalità dell’elettricità viene prodotta dalle centrali nucleari. Lo stesso fenomeno ha dunque conseguenze molto diverse tra i vari paesi dell’unione, in base alla dipendenza dal gas nei vari settori della loro economia.

Figura 4: peso percentuale del gas naturale sul parco di generazione elettrica nazionale… Italia e Francia sono agli opposti di questa classifica! (fonte: Rienergia)

Conclusione

Abbiamo passato in rassegna svariati aspetti della rete europea del gas naturale. Non serve essere Sherlock Holmes per collegare gli indizi e intuire i grandi pericoli a cui il nostro continente si espone con questa configurazione piena di falle. Prima di puntare il dito verso gli altri dobbiamo quindi assicurarci di avere le spalle coperte, rattoppando le crepe che abbiamo ignorato per decenni. Come una lunga muraglia di tessere del domino, basta una piccola spinta per causare un crollo generale. Prevenire è meglio che curare. E si sa: in un modo o in un altro, gli aforismi hanno sempre ragione.

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Avatar Ilaria Giaccardo