Le comunità energetiche: Condivisione ed autoconsumo

“I consumatori diventano produttori”. È questo lo slogan simbolo dell’attuale corsa alla decarbonizzazione, attraverso lo sviluppo e la gestione autonoma di energia verde a chilometro zero. Ancora una volta il lavoro di squadra ed il senso civico si rivelano essere l’arma vincente per sostenere la transizione energetica. Tutto si basa sulla cooperazione e sul lavoro in sinergia tra più soggetti, ed è questo ideale ormai divenuto realtà a porsi alla base delle CER: Comunità Energetiche Rinnovabili.

Il ‘perché’ è nell’etimologia!

Per comprendere meglio ciò di cui stiamo parlando è utile ripartire dalle origini e per farlo è necessario munirsi di un dizionario. Già, proprio di lui, hai capito bene!

‘Comunità’: dal latino communitas, “che compie il suo incarico (munus) insieme con (cum) altri”. È presente nella lingua italiana sin dal XIII secolo e viene utilizzata per designare un insieme di persone unite tra di loro da rapporti sociali, linguistici e morali, vincoli organizzativi, interessi e consuetudini comuni. Ok basta, voi non state leggendo un vocabolario e questo è ancora il vostro sito di energia preferito, quindi veniamo al sodo!

Il senso di una comunità energetica può infatti esser riassunto proprio in un’associazione tra cittadini, attività commerciali, pubbliche amministrazioni locali e piccole/medie imprese (PMI), che decidono di unire le proprie forze con l’obiettivo di produrre, scambiare e consumare energia da fonti rinnovabili su scala locale.

Figura 1: schema del funzionamento di una CER (Fonte: e-distribuzione)

Il fine ultimo di tale unione è quello di creare una rete decentralizzata in cui è richiesta la partecipazione attiva e consapevole di ogni cittadino. I membri della comunità sono impegnati nelle varie fasi di produzione, consumo e scambio dell’energia, promuovendone una gestione sostenibile ed istituendo un nuovo modello energetico. La loro diffusione permette di soddisfare il fabbisogno di energia della popolazione e di proporre nuovi modelli socio economici incentrati sulla sostenibilità e sulla circolarità, senza ricorrere all’utilizzo dei combustibili fossili. Sfruttando l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, le comunità energetiche rinnovabili garantiscono una riduzione dello spreco energetico e promuovono la condivisione di un bene fondamentale ad un prezzo concorrenziale.

Ma praticamente come nascono le comunità energetiche?

Se l’idea ti stuzzica ma non sapresti da dove iniziare questa parte è per te, piccolo grande dilettante imprenditore!

Il primo passo da compiere per la creazione di una CER è la costituzione di un’entità legale tra i futuri soci della comunità, che siano essi persone fisiche, PMI, enti territoriali o amministrazioni pubbliche locali. Nello specifico, dal punto di vista fiscale e di gestione, un’associazione è quello che potrebbe fare al caso tuo, dal momento che, per legge, lo scopo di una comunità energetica non può essere il profitto.

Il passo successivo consiste nell’individuare l’area dove installare l’impianto di produzione, che dev’essere in prossimità dei consumatori. Pertanto i soggetti coinvolti possono collocare un impianto fotovoltaico sulla zona di loro interesse e condividere l’energia prodotta e immessa in rete con i cittadini del Comune che hanno deciso di far parte della comunità. Allo stesso modo si possono costituire comunità di quartiere, comunità agricole, comunità di borgo e così via. Non è necessario che l’impianto sia di proprietà della comunità: può anche esser messo a disposizione da uno o più dei membri partecipanti o addirittura da un soggetto terzo.

Figura 2: schema del funzionamento di una CER (Fonte: infoSOStenibile)

A chi più, a chi meno!

Ma come ripartire fra i membri i ricavi derivanti dall’energia prodotta?

Tale decisione è rimessa alle regole di funzionamento della comunità energetica, le quali vengono stabilite attraverso il contratto di diritto privato stipulato liberamente da ciascuna comunità.

Ad esempio, si può decidere di ripartire i guadagni della vendita dell’energia in eccesso in modo uguale fra tutti i soci, ma di privilegiare o premiare, nella suddivisione degli incentivi, quei soggetti che hanno messo a disposizione i propri impianti per il beneficio comune. Così, da un punto di vista pratico, ogni membro della comunità continua a pagare per intero la bolletta al proprio fornitore di energia elettrica, ma riceve periodicamente dalla comunità un importo per la condivisione dei benefici garantiti alla collettività. Tale compenso, non essendo tassato, equivale di fatto ad una riduzione della bolletta.

Pochi ‘contro’, tanti ‘pro’

Senza alcun dubbio tra i principali vantaggi delle Comunità Energetiche Rinnovabili sono annoverabili:

  • benefici economici: grazie ai meccanismi di incentivazione derivanti dall’energia auto-consumata, la comunità è in grado di produrre un “reddito energetico” da redistribuire, ovvero un surplus remunerativo proveniente dall’energia prodotta. Tali risparmi energetici si traducono in un secondo momento in cali dei consumi e dei costi in bolletta.
  • Benefici ambientali: le CER garantiscono la diffusione delle rinnovabili (principalmente fotovoltaico, benché non venga precluso l’utilizzo di altre tecnologie, come eolico o batterie) al posto delle fonti fossili. Questo implica una diminuzione delle emissioni nocive dei gas responsabili dell’effetto serra ed un conseguente beneficio sugli ecosistemi ambientali e sul cambiamento climatico. Inoltre, si riducono le perdite per il trasporto dell’energia grazie ad una minore distanza da coprire e all’autoconsumo diretto da parte dei membri.
  • Benefici sociali: si stimola l’aggregazione sociale sul territorio e si educano i cittadini ad una cultura rivolta alla sostenibilità urbana, promuovendo la diffusione di modelli di inclusione e collaborazione in grado di generare vantaggi per il territorio e per le persone che lo abitano. È in tal modo che le comunità energetiche rinnovabili divengono anche un’ottima occasione per accrescere la consapevolezza dei consumatori sull’importanza delle risorse, valorizzando comportamenti virtuosi e in grado di contrastare la povertà energetica.

Come è facile immaginare, gli aspetti positivi sopra citati sono tanti, troppi per permettere ai pochi svantaggi esistenti di far bocciare tale metodo di autoconsumo di energia pulita e questi sono:

  • discontinuità nel sostentamento: la dipendenza da fattori naturali come sole, acqua e vento, le quali, in quanto fonti rinnovabili, non garantiscono una continuità nella produzione.
  • Tempi lunghi di autorizzazione: il clima di incertezza burocratica-normativa e i tempi lunghissimi a livello di permessi potrebbero in alcuni casi scoraggiare i soggetti interessati dall’optare per una tale soluzione.

Cosa prevede la legge

Attualmente, la normativa italiana sulle comunità energetiche rinnovabili consiste nell’articolo 42-bis del Decreto Milleproroghe 162/2019 e in altri provvedimenti e decreti legislativi che danno attuazione alla Direttiva Europea RED II. Quest’ultima promuove il sostegno finanziario alla produzione e all’autoconsumo di energia elettrica da fonti rinnovabili, per realizzare un mercato dell’energia equo e sostenibile, e stabilisce che le comunità energetiche sono un soggetto giuridico che:

  • si basa sulla partecipazione aperta e volontaria;
  • è costituito da persone fisiche, PMI ed enti locali, comprese le amministrazioni comunali;
  • ha come obiettivo principale quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti membri o alle aree locali in cui opera.

Inoltre, i soggetti associati mantengono i loro diritti di cliente finale, compreso quello di scegliere il proprio fornitore di energia elettrica sul libero mercato, e possono uscire dalla comunità in qualunque momento lo desiderino.  Quanto al dimensionamento, all’allacciamento e all’età degli impianti di produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili, la legge stabilisce che questi possono avere una potenza complessiva fino a 1 MW ed essere connessi alla rete elettrica attraverso la stessa cabina primaria, corrispondente territorialmente a circa 3 o 4 comuni oppure 2 o 3 quartieri di una grande città, su cui insistono gli iscritti alla comunità. 

Le comunità energetiche in Italia e nel mondo

Secondo il rapporto “Comunità rinnovabili 2022” di Legambiente, ad oggi in Italia si contano 100 Comunità Energetiche Rinnovabili tra effettivamente operative (35), in progetto (41) o in movimento, ovvero quelle che stanno muovendo i primi passi verso la realizzazione (24). Gli impianti di autoproduzione risultano essere per lo più di taglia compresatra i 20 e i 60 kW, ma con significative eccezioni. Le comunità energetiche esistenti vedono coinvolti comuni, famiglie, imprese private, enti pubblici, cooperative e anche aziende agricole, come nel caso della prima comunità energetica agricola costituita a Ragusa nel 2021.

Figura 3: città di Ragusa che dal 2021 è stata interessata dalla sperimentazione di una prima CER agricola (Fonte: Esplora Sicilia)

Ampliando lo sguardo al resto del mondo le comunità energetiche rinnovabili sono una realtà ormai particolarmente diffusa in molti Paesi del Nord Europa. Tra i migliori esempi di comunità energetiche c’è il Bioenergy Village di Jühnde, in Germania, dotata di un impianto di cogenerazione a biogas da 700 kW e di una caldaia a cippato da 550 kW, con i quali genera il 70% del calore e il doppio dell’energia elettrica di cui abbisogna.

Figura 4: Bioenergy Village di Jühnde, in Germania (Fonte: The Black Bag)

Altri due esempi emblematici di CER nel mondo sono:

  • Grupo Creluz a Rio Grande do Sul (Brasile): creato nel 1999, il gruppo è arrivato a possedere e gestire 6 impianti idroelettrici, rifornendo di energia i ventimila soci residenti nella zona.
  • BMG – The Brooklyn Microgrid a New York (Stati Uniti): fondata nel 2016, consiste in una rete energetica comunale in cui i cittadini di Brooklyn possono acquistare e vendere, attraverso un’applicazione, energia rinnovabile generata localmente.

Comunità energetiche: il futuro è qui

Al netto delle considerazioni fin qui riportate appare evidente quanto le Comunità Energetiche Rinnovabili rappresentino un vero e proprio ecosistema efficiente e sostenibile, capace di porsi alla guida della transizione energetica di cui attualmente il nostro pianeta implora il bisogno.

Si tratta infatti di un modello innovativo per la produzione, la distribuzione ed il consumo di energia proveniente da fonti rinnovabili, il quale fonda i suoi valori sulla condivisione di un bene fondamentale ad un prezzo concorrenziale. L’obiettivo delle CER è dunque quello di minimizzare lo spreco, per massimizzare lo sfruttamento dell’energia prodotta prevalentemente da pannelli solari, candidandosi così a divenire la nuova arma vincente per la conquista di un futuro sempre più green, di cui il senso civico collettivo possa essere il primo bigliettino da visita.

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