Dove ci porterà la fusione nucleare?

Con questa celebre espressione il Sommo Poeta della letteratura italiana completa il Suo capolavoro. L’amore, cioè l’unione tra due entità, sprigiona quindi energia, in quantità tale da aver consentito negli ultimi 4.5 Miliardi di anni la formazione del Nostro pianeta ed aver portato allo sviluppo della vita. Paradossalmente, se oggi ci troviamo qui a leggere questo articolo, lo dobbiamo in buona parte ai processi di fusione nucleare che mantengono in vita il Sole e con esso l’intero Sistema Solare.

Ma esattamente perché oggi possiamo dire di trovarci ad un passo dall’aver portato il Sole sulla Terra? Scopriamolo insieme!

La Fusione Nucleare

La Fusione Nucleare, descritta dettagliatamente nel nostro articolo (Riferimento all’articolo “L’energia delle stelle: la Fusione Nucleare) rappresenta la reazione nucleare che alimenta le Stelle.

Come ogni reazione presente in natura, anche la fusione per poter avvenire deve oltrepassare una certa barriera energetica. È buona norma, pertanto, prendere in considerazione atomi leggeri, poiché essi richiedono meno energia per essere fusi, a differenza degli atomi più pesanti. Con le attuali tecnologie, la scelta migliore sembrerebbe essere quella di combinare due isotopi dell’idrogeno: il Deuterio (D) ed il Trizio(T):

\[ D + T \rightarrow ^{4}He + n + 17,6 MeV \]

Dell’energia totale rilasciata, approssimativamente 1/5 (3.5 MeV) è associata all’elio (He), che riscalda il plasma, ossia la miscela D-T, mentre i rimanenti 4/5 (14.1 MeV) è associata al neutrone, che riscalda il Blanket (uno dei componenti più importanti in un reattore a fusione) ed attiva, cioè rende parzialmente radioattivi, i materiali di cui sono fatte le sue pareti.

A differenza di una reazione di fissione, nella reazione D-T non vengono rilasciati prodotti radioattivi in grado di dare origine ad una reazione a catena. Questo fatto potrebbe spingere anche i Paesi più restii ad adottare il nucleare tradizionale ad optare per la fusione.

Tuttavia, non è oro tutto ciò che luccica. Al momento, infatti, non esiste alcun reattore a fusione al Mondo connesso alla rete. Ti starai certamente chiedendo il perché… continua a leggere e lo scoprirai!

Le difficoltà tecniche della Fusione Nucleare

Poiché la reazione D-T coinvolge due nuclei positivi, le particelle devono vincere la forza di repulsione elettrostatica che tende a spingerle in direzioni opposte. La quantità di energia richiesta può essere ottenuta sulla Terra scaldando la miscela D-T a temperature molto elevate (nell’ordine dei milioni di gradi) ed in condizioni di semi-vuoto (con pressioni nell’ordine dei micro Pascal).

In queste situazioni estreme, la materia si trova sotto forma di plasma. A causa delle alte temperature necessarie per far avvenire la reazione, gli elettroni sono completamente strappati via dai nuclei, indicando che il plasma è un gas ionizzato, costituito da ioni liberi ed elettroni.

In generale, più è alta la temperatura, maggiore è l’energia che le particelle otterranno, con una conseguente alta probabilità di colpirsi l’un l’altra e fondersi. Inoltre, più è denso il combustibile, più è alta la probabilità che le particelle si incontrino e realizzino la reazione.

L’energia rilasciata dalle reazioni di fusione è assorbita sotto forma di calore dalle pareti del Vacuum Vessel (VV), una ciambella metallica cava dove il plasma è mantenuto isolato dalle pareti interne del reattore. Poiché non vi è materiale in grado di supportare temperature nell’ordine dei milioni di K, i campi magnetici garantiscono che il plasma sia mantenuto sufficientemente lontano dalle superfici solide al punto che le pareti del Vessel abbiano a che fare con “soltanto” alcune centinaia di gradi di temperatura. Inoltre, il VV consente la formazione di un ambiente ad alte condizioni di vuoto, migliora lo schermamento dalle radiazioni e la stabilità del plasma, rappresenta la prima barriera di confinamento per la radioattività e supporta gli altri componenti interni al Vessel, come il Breeding Blanket (BB) e il Divertore.

Le tre Challenges

La fusione nucleare rappresenta certamente un problema multi-fisico, coinvolgendo allo stesso tempo diversi fenomeni fisici (termici, meccanici, strutturali, elettrici e magnetici), nonché numerosi componenti. Pertanto, la scelta dei materiali e della loro disposizione non è per nulla banale: alcune scelte che, prese singolarmente, risultano ottimali per una data applicazione in uno specifico ambito, potrebbero non essere compatibili con gli altri componenti quando l’intero reattore è in funzione.

Le sfide che riguardano il design di un reattore a fusione possono essere sintetizzate in 3 Challenges. Come ci si può aspettare, ciascun punto è strettamente collegato con gli altri due:

  • Challenge A: Controllare la potenza (e le particelle) emesse dal Plasma, monitorando nel contempo le impurità;
  • Challenge B: Estrarre la potenza depositata nel Blanket dai neutroni, mentre il Trizio viene prodotto (e schermare le varie componenti);
  • Challenge C: Confinare il Plasma a temperature nell’ordine di 108 K utilizzando potenti magneti superconduttori, mantenendoli a 4.5 K.
Figura 1: Le tre Challenges della Fusione Nucleare (Fonte: R. Zanino, “Nuclear Fusion Reactor Engineering”, a.a. 2021-2022, slides del corso)

Schema di confinamento magnetico di tipo Tokamak

La forma di un reattore a fusione rappresenta una diretta conseguenza della necessità di confinare il plasma alla temperatura di 108 K. Tra tutte le diverse proposte a livello mondiale, il Tokamak rappresenta il principale filone della ricerca in Europa. Esso richiede l’adozione di potenti magneti superconduttori da mantenere alla temperatura di 4.5 K. La parola Tokamak deriva da un acronimo Russo che, tradotto, significa Camera Toroidale con bobine magnetiche. Una visone schematica della sezione verticale di questa macchina è riportata in Figura 2:

Figura 2: Schema della sezione verticale di un Tokamak (Fonte: Wikipedia.org)

Challenge A

Partendo da un semplice bilancio di potenza in condizioni stazionarie tra le sorgenti di calore che scaldano il plasma (nel nostro caso solo una particella di He, anche indicabile come particella α) e le perdite (rappresentate dai tre meccanismi di trasmissione del calore, conduzione, convenzione ed irraggiamento), è possibile notare come i neutroni realizzino una partita di giro, cioè appaiono sia come sorgenti che come voci di perdita. Queste particelle, infatti, non avendo carica elettrica, non risentono del confinamento magnetico realizzato ad opera dei superconduttori, per cui possono fuoriuscire dal plasma andando ad impattare il Blanket, dove la potenza per unità di volume che depositano deve poi essere estratta, come vedremo nella Challenge B.

\[ P_{α} + P_{n} = P_{radiation} + P_{conduction} + P_{advection} + P_{n} \]

Il contributo dovuto all’irraggiamento non comporta problemi dal punto di vista della potenza da dissipare, ma lato plasma rappresenta un fattore critico, specialmente in quelle regioni dove il plasma dovrebbe rimanere caldo, come ad esempio nella regione centrale dello stesso.

Il confinamento del plasma ad opera dei magneti superconduttori non è perfetto, motivo per cui, non soltanto i neutroni, ma anche gli ioni di D e T e gli elettroni sono in grado di raggiungere la superficie interna del reattore. I fenomeni che si possono verificare sono l’assorbimento, la ricombinazione e lo sputtering.

Poiché gli elettroni hanno massa minore e velocità maggiore rispetto agli ioni, raggiungono per primi la superficie, venendo assorbiti dalla stessa e caricandola progressivamente con segno meno, fin quando essa non si satura. A questo punto la superficie smette di attrarre elettroni, sviluppando un campo elettrico negativo che attrae, al contrario, gli ioni. Quando ioni ed elettroni si ricombinano insieme, danno origine ad atomi neutri che possono tornare indietro verso il plasma. Lo svantaggio risiede nel fatto che, essendo ad energia più bassa, raffreddano il plasma.

Lo sputtering avviene quando gli ioni incidenti sulla superficie estraggono alcuni ioni presenti sulla stessa (ad esempio gli ioni Carbonio) che, una volta emessi, si ionizzano progressivamente rilasciando radiazioni. Anche in questo caso, essi raffreddano il plasma. Da qui nasce l’esigenza di controllare le impurità presenti nel plasma stesso. Tra le tante componenti che rientrano nella prima challenge, una delle più importanti nei futuri Tokamaks sarà certamente il Divertore (vedi Figura 3), il cui compito sarà quello di assorbire la maggior parte della potenza depositata nel reattore da parte dei neutroni e pompare all’esterno del Vessel tutte le impurità, incluso il combustibile non bruciato (ossia D e T che non hanno dato luogo a reazione).

Il Divertore è tipicamente presente in più moduli (cassettes) che circondano l’intera superficie inferiore del Vessel. Ha tipicamente superfici piastrellate in Tungsteno. È costituito da dei deflettori (baffles) che limitano la fuga dei neutroni dalla camera del plasma. A questi si aggiungono una cupola (dome) che agisce come un ombrello, spingendo tutte le impurità verso delle piastrelle riflettenti (reflector plates).

Figura 3: Esempio di cassetta del Divertore in ITER. 64 di esse circonderanno l’intera superficie inferiore del Vessel (Fonte: iter.org)

Challenge B

La Prima Parete (First Wall, FW) (vedi Figura 4) rappresenta la superficie interna del VV. Prima di ITER (Reattore Termonucleare Sperimentale Intergovernativo), il FW era designato per essere la parete della camera a vuoto, ma per le future generazioni di reattori nucleari a fusione, il FW sarà destinato ad essere la prima parete del BB ad interfacciarsi con il plasma.

Il FW è costituito da piastrelle sostituibili costituite da Carbonio, Tungsteno o Berillio che, essendo poste direttamente di fronte al plasma, sono esposte al maggior carico termico. Le loro caratteristiche più significative risiedono nell’alto punto di fusione, di coesione e di assorbimento di altri atomi.

Figura 4: CAD dell’EU DEMO tokamak (Fonte: researchgate.net)

Il BB, come precedentemente accennato, è uno strato circondante il VV in un reattore a fusione. Esso deve svolgere allo stesso tempo tre diverse funzioni:

  • Estrarre la potenza termica depositata dai neutroni e prodotta all’interno del plasma (un fluido refrigerante sarà necessario, così come un appropriato sistema di refrigerazione). Questo favorirà l’ebollizione di un fluido all’interno degli scambiatori di calore che sarà utilizzato per guidare il vapore in turbina e produrre l’elettricità, come riportato in Figura 5;
  • Estrarre il combustibile T (non bruciato) e produrlo nel contempo (partendo dal Litio) utilizzando l’alta energia ricavata dai neutroni come prodotto della reazione D-T (un moltiplicatore potrebbe essere necessario);
  • Schermare per mezzo del VV i magneti ed i materiali circostanti dalle radiazioni gamma ed i neutroni provenienti dal plasma.
Figura 5:Schema di funzionamento di un Tokamak: dal Plasma fino all’immissione dell’energia in rete (Fonte: medium.com)

Challenge C

Come già accennato, i magneti superconduttori saranno utilizzati nei futuri Tokamaks per mantenere il plasma più lontano possibile dalle pareti del reattore, poiché oggigiorno non esiste alcun materiale in grado di supportare il contatto con la miscela D-T a temperature così elevate. Come può essere osservato in Figura 6, il plasma è confinato mediante sovrapposizione di tre campi magnetici:

  1. Campo Toroidale (Toroidal Field, TF) prodotto da una serie di bobine toroidali disposte intorno al toroide e dirette verticalmente lungo di lesso;
  2. Campo Poloidale (Poloidal Field, PF) dovuto alla corrente circolante nel plasma che è generata da un Solenoide Centrale (Central Solenoid, CS) e diretto intorno al toroide;
  3. Nonostante i precedenti due sistemi risultino sufficienti a confinare il plasma (con un risultante campo magnetico elicoidale), un Campo Verticale è implementato per fornire al plasma un certo profilo, fissandone la posizione.

La manifattura del CS (una bobina collocata nel foro centrale del toroide) rappresenta una sfida ingegneristica aperta. Lo si potrebbe immaginare come il primario di un gigante trasformatore, mentre il plasma è come il secondario.

Grazie alla corrente elettrica attraverso il CS, il plasma sarà forzato a fluire intorno al toroide, creando una corrente che genererà un altro campo magnetico. Tale campo, in uno step successivo, spingerà la corrente del plasma verso il centro, mantenendo il plasma stesso lontano dalle pareti.

Il più importante materiale superconduttore per il CS e le bobine TF è un composto del Niobio e Stagno (Nb3Sn), mentre il Niobio Titanio (NbTi) è utilizzato per le bobine PF ed ulteriori bobine che hanno il compito di correggere le eventuali divergenze del campo. Questi composti del Niobio diventano superconduttivi quando refrigerate con elio supercritico con temperature nel range di 4.5 K.

Figura 6:Campi magnetici all’interno di un Tokamak (Fonte: EUROfusion)

Conclusioni

La fusione nucleare rappresenta, senza ombra di dubbio, una delle sfide ingegneristiche più grandi mai tentate dall’uomo. Nonostante la complessità delle macchine coinvolte, i numerosi componenti, i materiali dall’altissima manifattura e dall’alto costo, la presenza di numerose collaborazioni internazionali (in primis ITER) dimostra l’acceso interesse della ricerca verso una fonte energetica alternativa e dalle enormi potenzialità. Non a caso, la fusione nucleare è anche spesso indicata come il “nucleare pulito” per contraddistinguerla dalla controparte a fissione. Un dato certamente da non trascurare risiede, infatti, nella ridottissima radioattività. Non sono presenti prodotti di reazione radioattivi che diano luogo ad altre reazioni a catena. Inoltre, assumendo una vita media di una centrale a fusione di circa 40 anni, dopo 100 anni dallo spegnimento della stessa, i materiali delle superfici interne attivati dal bombardamento neutronico riescono a ritornare ai livelli di radioattività nulla, precedenti alla costruzione dell’impianto.

Tutti questi vantaggi hanno infatti permesso alla fusione di annoverarsi tra gli Obiettivi di sviluppo sostenibile previsti dall’Agenda 2030, rientrando a pieno titolo nel settimo obiettivo, il quale si propone di “garantire a tutti l’accesso a servizi energetici economici, affidabili, sostenibili e moderni”. Insomma, siamo davvero di fronte ad una svolta green anche in ambito nucleare!

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