Il Breeding Blanket (BB) per l’autosufficienza della Fusione Nucleare

La Fusione Nucleare rappresenta certamente una delle sfide ingegneristiche più ardue mai tentate dall’Uomo. Il Breeding Blanket rappresenta un componente fondamentale da implementare nel reattore per diversi motivi che vedremo nell’articolo.

Nella puntata precedente (Riferimento all’articolo “Dove ci porterà la fusione?) abbiamo visto come due isotopi dell’idrogeno, il Deuterio (D) ed il Trizio (T) rappresentino attualmente il miglior compromesso per intraprendere una reazione a fusione sviluppabile con le attuali tecnologie. Ma da dove provengono e in che modo potrebbero essere prodotti in quantità illimitata? Scopriamolo insieme!

D & T: la rivoluzione figlia dell’idrogeno

Il Deuterio (D) ed il Trizio (T) sono entrambi degli isotopi dell’idrogeno (H) e, come tali, mantengono lo stesso numero atomico Z (ossia lo stesso numero di protoni all’interno del nucleo), ma diverso numero di massa A (A = Z + N, dato dalla somma del numero di protoni e di neutroni presenti nel nucleo, Riferimento all’articolo “Primi passi nel mondo della medicina nucleare). Ciò vuol dire che presentano un diverso numero di neutroni. Nello specifico, l’idrogeno puro non contiene neutroni, mentre il D ne contiene 1 ed il T ne contiene 2 (vedi Figura 1)

Figura 1: Configurazione atomica del Deuterio (D) e del Trizio (T) (Fonte: chimica-online.it)

Il D rappresenta lo 0.0156 % di tutto l’idrogeno naturale presente negli Oceani, risultando quindi sufficiente per parecchi milioni di anni. Quando 1 g di D sperimenta una reazione a fusione, esso rilascia la stessa quantità di energia prodotta da 30 tonnellate di carbone.

D’altro canto, il T è presente soltanto in piccole quantità sulla Terra, essendo radioattivo. Esso va incontro ad una reazione beta – (eq. 1):

\[ {}^{3}_{1}T \rightarrow {}^{3}_{2}He + e^{-} + \vec{v_{e}} + 18.6 \ \mathrm{keV} \ (\mathrm{} 1) \]

con un tempo di dimezzamento T_1/2 = 12.3 y (Riferimento all’articolo “Primi passi nel mondo della medicina nucleare).

Data la difficoltà nel reperire un quantitativo sufficiente di T per alimentare i reattori a fusione, ne consegue la necessità di produrre (breeding) il combustibile in sito implementando un Breeding Blanket (BB). Il reattore DEMO sarà il primo Tokamak ad adottare questo tipo di tecnologia. Ma come si misura l’efficienza di un reattore a fusione?

Il fattore guadagno Q

Il fattore guadagno Q è definito come il rapporto tra la potenza prodotta dalla fusione e la potenza richiesta per mantenere la reazione stessa. In base al suo valore, 4 casistiche possono verificarsi:

  • se Q < 1, la reazione di fusione risulterebbe inutile, in quanto consumerebbe più energia di quella richiesta per produrla;
  • quando la potenza totale prodotta da fusione è uguale alla potenza richiesta per riscaldare il plasma (Q = 1), si verifica uno stato particolare, il cosiddetto break-even, per cui non si avrebbe nessun guadagno o perdita netta;
  • Q >> 1 rappresenta l’unica condizione accettabile, poiché significherebbe avere un eccesso di energia prodotta dagli impianti nucleari a fusione che potrebbe essere convertita in elettricità ed immessa nella rete;
  • La condizione di ignizione (Q -> inf) rappresenta lo stato per cui l’energia generata dalle reazioni di fusione risulterebbe sufficiente a scaldare il plasma per tempi illimitati. In altri termini, la quantità di energia prodotta e mantenuta all’interno del plasma sarebbe la stessa rilasciata dal plasma stesso più un’ingente quantità di energia da immettere in rete.

Una differenza importante rispetto ad un reattore a fissione risiede nella possibilità di realizzare un ciclo chiuso, in quanto il plasma riuscirebbe ad autosostenersi non in termini di particelle fissili (che diminuirebbero nel tempo), bensì in termini di temperatura.

Se da un lato il D, come abbiamo visto, è già presente in natura in quantità praticamente illimitate, dall’altro il T, dovendo essere prodotto, rappresenta un parametro cruciale, influenzando indirettamente il fattore guadagno. La domanda che, a questo punto, sorge spontanea è: quali reazioni possono dar luogo al T?

La produzione del T

Il T naturale è presente in quantità trascurabile come prodotto dei raggi cosmici (eq. 2) o come materiale di scarto dei reattori nucleari a fissione ad acqua pesante (D2O), i reattori CANDU (CANadian Deuterium Uranium) (eq. 3), con un rateo di circa 2 kg/anno:

\[ ^{14}N + n \rightarrow ^{12}C + ^{3}T \ (\mathrm{} 2) \]

\[ D + n \rightarrow T \ (\mathrm{} 3) \]

Tuttavia, tali contributi non risulterebbero sufficienti per supportare i reattori a fusione durante tutta la loro vita operativa. Inoltre, il T non può essere stoccato per tempi indefiniti, poiché la sua quantità si dimezzerebbe ogni 12 anni circa, per via del decadimento radioattivo.

Nel reattore DEMO saranno richiesti circa 300 g di T al giorno per produrre 800 MW di potenza elettrica. Tuttavia, prima di questo, ITER, con un’aspettativa di vita di circa 20 anni, potrebbe potenzialmente esaurire tutte le riserve globali di T, indicando che i successivi reattori – in primis DEMO – dovranno aver bisogno di un sistema di produzione (breeding) del T.

La migliore alternativa è produrre il T a partire dal Litio (Li, un metallo alcalino abbondantemente disponibile sia negli oceani che sulla crosta terrestre). In particolare, due diversi isotopi sono presi in considerazione, il 6Li (eq. 4) ed il 7Li(eq. 5). In entrambi i casi, oltre al T, viene anche prodotta una particella alpha (ossia un nucleo di elio):

\[ ^{6}Li + n \rightarrow T + ^{4}He + 4.8 \ \mathrm{MeV} \ (\mathrm{} 4) \]

\[ ^{7}Li + n \rightarrow T + ^{4}He – 2.466 \ \mathrm{MeV} \ (\mathrm{} 5) \]

Figura 2: Sezione di assorbimento microscopica del T [1 barn = 10-24 cm2] come funzione dell’energia dei neutroni [MeV] (Fonte: nemo.polito.it)

Osservando la Figura 2, si deduce che la reazione con il Li-6 è esotermica (cioè rilascia energia) e mostra un’alta sezione di assorbimento microscopico (ossia una maggiore probabilità di dar luogo a reazione). La reazione con il Li-7, invece, è endotermica (cioè richiede una soglia energetica maggiore o uguale a 2.466 MeV per avvenire) e si verifica quando i neutroni possiedono valori elevati di energia. Quest’ultima reazione ha, inoltre, il vantaggio di emettere un neutrone addizionale a più bassa energia che può essere implementato per iniziare una successiva reazione.

Ma in quale parte di un Tokamak questa reazione può aver luogo? Semplice, il Breeding Blanket.

Il Breeding Blanket (BB)

Nella puntata precedente (Riferimento all’articolo “Dove ci porterà la fusione?) abbiamo accennato al fatto che, delle tre funzioni a cui sarà deputato, il BB (la prima componente del reattore posta dietro al First Wall, FW) avrà il compito di estrarre il combustibile T non reagito e produrlo al tempo stesso partendo dal Li (secondo le eq. 4 ed eq. 5). Inoltre, esso avrà il compito di estrarre la potenza termica (mediante un fluido refrigerante) depositata dai neutroni e prodotta all’interno del plasma, oltre a schermare mediante il Vacuum Vessel (VV) i magneti superconduttori ed i materiali circostanti dalle radiazioni gamma e dai neutroni stessi.

Il concetto di ciclo chiuso, precedentemente accennato, trova il suo naturale sbocco anche nella possibilità di produrre il combustibile in situ, evitando così la necessità di effettuare ricariche, come accade, ad esempio, ogni 12-18 mesi nei reattori a fissione.

Figura 3: CAD dell’EU DEMO tokamak (Fonte: researchgate.it)

Al fine di garantire la produzione di potenza elettrica da parte di un reattore a fusione, la potenza termica depositata sul blanket dovrà essere rimossa ad una temperatura talmente alta da garantire il ciclo di conversione di potenza proprio di un qualunque impianto industriale. Nello specifico, la temperatura del refrigerante all’uscita del BB dovrebbe essere superiore a 400 °C.

Il design del BB dovrà soddisfare i seguenti prerequisiti:

  1. Tempo ridotto per le attività di manutenzione -> tempo di operatività dell’impianto molto elevato;
  2. Vita operativa sufficientemente lunga -> sostituzione dei componenti ogni 3-5 anni;
  3. Alto livello di sicurezza (contro incidenti o semplici diversioni dalle condizioni nominali dell’impianto) e ridotto impatto ambientale (rifiuti inclusi);
  4. Costo dell’elettricità abbordabile per l’utente finale.

Come è possibile notare in Figura 4, il FW ed il BB rientrano tra i materiali sostituibili durante la vita operativa dell’impianto, in quanto maggiormente esposti al flusso neutronico e alle radiazioni rilasciate dal plasma.

Figura 4: Vita dei componenti posti di fronte al plasma: dal First Wall ai magneti superconduttori (Fonte: Roberto Zanino, Nuclear fusion reactor engineering, slides del corso, a.a. 2021-2022)

Numerosi concept designs del BB sono stati proposti nel mondo. Per il futuro reattore DEMO due diverse alternative sono attualmente oggetto della ricerca: l’Helium-Cooled Pebble Bed (HCPB) (Figura 5a) ed il Water-Cooled Lithium-Lead (WCLL) (Figura 5b):

Figura 5a: HCPB design termo-idraulico (Fonte: F. A. Hernández, EFPW 2018)
Figura 5b: WCLL Blanket concept (ENEA) (Fonte: A. Del Nervo et al.)

HCPB vs WCLL Breeding Blanket design

L’HCPB Breeding Blanket design utilizza l’elio (He) come refrigerante alla pressione operativa di 8 MPa e temperature nel range 300-520 °C. La prima parete (First Wall, FW) (Riferimento all’articolo “Dove ci porterà la fusione?) e la Breeding Zone (BZ) sono poste in serie, al fine di garantire un miglior controllo della temperatura. Per favorire lo scambio termico, degli appositi promotori sono posti nella regione del FW, garantendo flussi di calore fino a 1.4 MW/m2.

Il WCLL BB design utilizza l’acqua (H2O) come refrigerante alla pressione operativa di 15.5 MPa e temperature nel range 295-328 °C. In questo caso vi sono due circuiti separati per il FW e la BZ. Il sistema di piping nella BZ è a doppio strato, mentre il ciclo termodinamico seguito in questo concept è lo stesso presente nei reattori a fissione PWR (Reattori ad Acqua Pressurizzata). In questo modo si potrebbe sfruttare l’esperienza acquisita negli anni con la controparte di reattori a fissione. Ciascuno dei due design offre vantaggi e svantaggi, legati in buona parte alla natura del fluido refrigerante (H2O o He), come schematizzato in Tabella 1.

RefrigeranteAcqua (H2O)Elio (He)
Rimozione del caloreMolto AltaBassa
Compatibilità con altri materialiModerata
(provoca problemi di corrosione)
Molto alta
Finestra di temperatura per l’utilizzoRidotta
(a causa del cambio di fase)
Alta
Grado di rischioBasso schermamento dalle radiazioni
Attrattività nel lungo termineModerataAmpia
Tabella 1 – Vantaggi e svantaggi dell’acqua e dell’elio implementati nell’HCPB e nel WCLL designs

Conclusioni

Da queste poche righe si comprende come la fusione nucleare rappresenterà un punto di incontro tra la necessità di trovare fonti alternative ai combustibili fossili dal ridotto impatto ambientale e la necessità di portare l’opinione comune a rivalutare l’energia atomica, grazie agli elevati standards di sicurezza ed all’esiguo rilascio di radiazioni. Infatti, la fusione si può considerare come una fonte energetica “pulita”, ma pur sempre nuclearmente parlando.

La possibilità di dar luogo ad una reazione in grado di autosostenersi ed il mancato bisogno di ricaricare il combustibile (mediante produzione in situ ad opera del Breeding Blanket), renderanno i futuri reattori a fusione – in testa a tutti DEMO – un’attrattiva non indifferente per le multinazionali pubbliche e private che investiranno in questo settore.

Noi, in quanto ingegneri, avremo il difficile compito di lasciare ai posteri un Mondo migliore di quello in cui siamo nati, dovendo nel frattempo far fronte ad una crescita dei consumi e della domanda energetica di una popolazione globale che si prepara a raggiungere i 9 miliardi di persone.

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