Scenari energetici futuri fino al 2050

L’energia non può essere né creata né distrutta. Può solo essere trasformata da una forma a un’altra”.

Questo celebre enunciato sintetizza il Principio di Conservazione dell’energia che, insieme agli altri Principi di Conservazione, regola il comportamento di tutti i sistemi fisici. Ma esattamente, cos’è l’energia?

“L’energia ha tutte le caratteristiche di una proprietà fisica, nonostante sia essa né tangibile né materiale, come può esserlo, ad esempio un fluido. La sua introduzione ha reso possibile la spiegazione di fenomeni altrimenti incomprensibili e, al giorno d’oggi, abbiamo la ferma certezza che questa idea rimanga fondata. L’energia non può essere percepita direttamente né con i sensi, né con gli strumenti, ma soltanto attraverso l’osservazione dei fenomeni fisici abbiamo la prova che l’ipotesi della sua esistenza sia valida. Non è possibile misurare l’energia direttamente. Le si potrebbe assegnare un valore numerico soltanto per via indiretta, mediante processamento dei valori di altre quantità fisiche che sono, al contrario, tangibili e misurabili”.

MOOC – The Strange Paradox of the World Energy Question.

Dall’alba della Rivoluzione industriale nel XVIII fino ad oggi, il crescente fabbisogno energetico ha portato le società umane ad una sempre più accanita ricerca di nuove fonti atte a far fronte ad una popolazione mondiale che, attualmente, ammonta a circa 8 miliardi di persone. Inoltre, più è alto il tenore di vita, tanto maggiore risulta la quantità di energia consumata pro capite.

A questo punto, sorge spontaneo domandarsi quali siano le fonti energetiche che influenzano in maniera più o meno diretta il nostro quotidiano.

Le fonti energetiche

Per definizione, le fonti energetiche rappresentano i fenomeni naturali, le materie prime e i processi attraverso cui è possibile ricavare energia in modo utile.

In prima battuta, le fonti energetiche si suddividono in due grandi famiglie: le fonti energetiche primarie e le fonti energetiche secondarie.

Le fonti energetiche primarie sono quelle già presenti in natura, ancor prima di qualunque trasformazione attuata dall’uomo. Derivano principalmente dai raggi solari che entrano a contatto con la superficie terrestre. Questi possono seguire due strade: venire immagazzinati sotto forma di energia fossile o come fonte di energia impiegabile in via diretta. Rientrano in questa categoria i combustibili fossili (petrolio, carbone e gas naturale), oltre che tutti i potenziali naturali, come l’energia cinetica associata ad una massa d’acqua, la radiazione solare, la geotermia, il vento, l’energia che è possibile ricavare dal moto ondoso e dalle maree. Oltre alle fonti già citate, si aggiunge l’uranio, alla base dell’industria nucleare.

Le fonti energetiche secondarie rappresentano, invece, tutte quelle fonti energetiche che possono essere utilizzate previa trasformazione. Qualunque conversione, inoltre, porta con sé una perdita del contenuto energetico, dovuta al fatto che sta avvenendo un passaggio da una forma energetica ad un’altra.

Il nostro obiettivo, come ingegneri, è quello di ridurre al minimo le perdite lungo la distribuzione, al fine di massimizzare la quota utile disponibile. Tra le fonti energetiche secondarie più note, è possibile citare l’energia elettrica, ma un altro importante esempio lo si ritrova nel gasolio o nella benzina, alla base dell’industria dei trasporti.

Una seconda classificazione riguarda la distinzione delle fonti energetiche in rinnovabili e non rinnovabili.

Le fonti energetiche non rinnovabili (o esauribili) sono quelle presenti sul nostro Pianeta da parecchi miliardi di anni e che, nonostante vi siano in quantità più o meno abbondanti, a causa del loro sfruttamento intensivo, col tempo andranno ad esaurirsi. Comprendono principalmente i combustibili fossili e nucleari.

Le fonti energetiche rinnovabili sono quelle che, seppur potranno variare per azione di fattori climatici e tecnologici, sono destinate a non esaurirsi, divenendo strategiche per il nostro futuro, oltre che per qualunque processo di transizione energetica. A loro volta, queste possono essere suddivise in classiche (biomasse, idroelettrico e geotermico) o non convenzionali (eolico e solare).

La scelta di una determinata fonte energetica sotto il profilo politico è dettata principalmente da tre fattori: disponibilità, costi e protezione ambientale.

Usi finali dell’energia

Le società moderne hanno cominciato a porsi il problema di misurare il consumo energetico, il che le porta a stilare puntualmente un Bilancio Energetico Nazionale, al fine di comprendere come venga prodotta ed utilizzata l’energia nel corso di un anno.

Indipendentemente dalla fonte energetica considerata, il consumo finale globale dell’energia è rappresentato per circa i due terzi dal settore industriale e dal settore residenziale, mentre la restante parte è rappresentata dai trasporti e dai servizi.

Situazione attuale

Le statistiche che seguono fanno riferimento ai dati dichiarati da ExxonMobil come valori medi globali del 2023.

Il settore industriale ricopre poco più del 50 % della richiesta globale di energia e comprende al proprio interno le attività di produzione e assemblaggio, in cui rientrano a loro volta l’industria estrattiva e l’industria petrolchimica. Circa il 67 % del consumo industriale deriva da fonti primarie (tipicamente combustibili fossili), mentre il 33 % è rappresentato dall’energia elettrica.

Il settore residenziale assorbe circa il 18 % dei consumi energetici globali e vede impegnati al suo interno il settore del riscaldamento domestico (maggior indicatore di consumo), l’illuminazione ed il condizionamento. I maggiori consumi derivano dall’energia elettrica e dal gas naturale.

Il settore dei trasporti arriva a pesare per circa un quinto della domanda e comprende al suo interno il consumo associato allo spostamento di persone e di merci su strada, rotaia, via aerea e via mare. Nonostante ad oggi esso sfrutti per la quasi totalità (95 %) come fonte energetica i derivati del petrolio, nei prossimi due o tre decenni si assisterà ad una progressiva transizione a favore di fonti meno inquinanti e pulite.

Il settore dei servizi (anche noto come terziario) consuma circa il 12 % dell’energia totale e vede impegnati al suo interno uffici, istituzioni ed organizzazioni, il cui compito è quello di fornire servizi a terzi, pubblici o privati. L’energia assorbita da questo settore viaggia di pari passo con la gestione delle strutture e con la distribuzione dei servizi, con quasi il 55 % di spese energetiche associate all’energia elettrica.

Figura 1 : Consumi mondiali di energia per settore. Sono annesse le perdite energetiche, notevoli per quei settori che utilizzano quote significative di energia elettrica (Fonte: residenziale e servizi)

Scenari futuri

Secondo le previsioni dell’EIA (Energy Information Administration, l’agenzia statistica ed analitica del Dipartimento dell’energia negli USA), nel 2050 il consumo di energia primaria crescerà poco meno del 50 % rispetto ai valori del 2023 (vedi Figura 3). Ciò spingerà la ricerca nello sviluppo di nuove tecnologie che sappiano sfruttare al meglio le risorse energetiche che avremo a disposizione, incentivando anche l’efficienza energetica.

Bisogna però notare come nelle sue analisi l’EIA cerchi di spiegare quale sarà la distribuzione delle fonti energetiche primarie e secondarie e quali saranno le emissioni di gas serra correlate, partendo dall’ipotesi di mantenere inalterate le condizioni del sistema energetico, industriale, economico e sociale rispetto a quelle attuali. L’Agenzia considera, al massimo, come fattore di variazione le politiche energetiche e di lotta al cambiamento climatico al momento messe in atto. 

La richiesta energetica aumenterà principalmente per far fronte alle esigenze di una popolazione globale di 9 miliardi di persone, a differenza dei circa 8 miliardi odierni, ma sarà anche dovuta al raggiungimento di una progressiva industrializzazione da parte dei PVS o almeno dei BRICS che presenteranno modelli di sviluppo più avanzati. A crescere maggiormente sarà il settore residenziale e commerciale, la cui domanda supererà notevolmente il valore del settore industriale.

I settori residenziale e commerciale aumenteranno la loro richiesta di energia del 65 %, probabilmente a causa del raggiungimento di migliori condizioni di vita, di una crescente urbanizzazione e di un maggior accesso all’energia per molti Paesi asiatici, sudamericani e africani.

Il settore industriale vedrà una crescita del 30 %. I comparti che saranno maggiormente interessati saranno quello dell’industria pesante e petrolchimica, seguiti poi dalla manifattura e dall’agricoltura.

Lo sviluppo industriale sarà portato avanti in una prima fase dalla Cina che, dopo aver raggiunto una certa stabilità, intorno al 2025 cederà il posto ai Paesi del Medio Oriente, Sudest asiatico e Africa.

Aumenteranno i commerci internazionali e ciò innescherà una crescita del settore dei trasporti, stimata intorno al 40 % tra il 2023 e il 2050. Nel bilancio aumenteranno le voci spese e consumi soprattutto dei Paesi non-OECD, i cui consumi saliranno dell’80 %.

Figura 2: Trend globali dell’energia per settore fino al 2050 secondo l’EIA (Fonte: Rinnovabili.it)

Il futuro delle rinnovabili

Secondo il report “The Future of European Renewable Energy”, l’Europa nel periodo 2023-2050 vedrà un considerevole aumento del consumo di energia secondaria e, in particolare, dell’elettricità, arrivando a ricoprire quote superiori all’86 % nel mix energetico del Vecchio Mondo. Ciò avverrà contestualmente alla maggiore diffusione delle rinnovabili nel contributo all’energia primaria.

Nello specifico, le rinnovabili soppianteranno il gas naturale e il carbone entro il 2030 ed il petrolio entro il 2050, divenendo la fonte primaria maggiormente utilizzata. Secondo lo scenario PNIEC arriveranno a pesare per circa il 28 % al 2030.

Figura 3:Traiettorie di crescita dell’energia elettrica da fonti rinnovabili al 2030 (Fonte: GSE e RSE)

Quasi al termine del suo mandato, la presidenza Biden negli USA ha raggiunto ottimi risultati nelle politiche climatiche. Una quota cospicua di investimenti è stata destinata a promuovere l’elettrificazione ad opera di rinnovabili, ma l’obiettivo più ambizioso rimane quello di completare la decarbonizzazione entro il 2035. Inoltre, entro il 2050 l’intera offerta degli Stati Uniti dovrà essere carbon neutral, favorendo così lo scenario degli 1.5 °C.

Il rinnovabile elettrico, pertanto, dovrà passare dall’attuale 30 % all’85 %, con la conseguenza che la generazione da solare ed eolico dovrà aumentare di un fattore di circa 6 entro il 2050.

Cresceranno in maniera rilevante le fonti non programmabili attraverso l’impiego di rilevanti quantità di sistemi di accumulo, sia su rete, sia associati agli impianti di generazione stessi. Oltre alle rinnovabili tradizionali, si aggiungeranno altre fonti, quali l’energia del mare (moto ondoso, maree, differenze di temperatura e pressione associate al mare), l’energia cinetica umana (cyclette in grado di alimentarsi grazie all’energia prodotta da chi le utilizza o pavimenti che catturano l’energia dei passi di chi ne attraversa la superficie) e l’energia dei rifiuti (possibile grazie ai biocarburanti).

Figura 4: Scenari attuali e futuri delle rinnovabili secondo i dati EIA (Fonte: qualenergia.it)

Secondo l’IEA saranno necessari oltre 400 traguardi per giungere all’obiettivo finale di emissioni nette pari a zero entro il 2050, arrivando a quadruplicare gli sforzi di produzione ottenuti nel corso del 2020. Bisognerà installare almeno 630 GW di impianti fotovoltaici e circa 390 GW di eolico in più ogni anno fino al 2030.
Sebbene riusciamo a prevedere con sicurezza quale sarà il trend delle emissioni da qui a 10 anni, più complicato risulta ipotizzare a quale scenario ci troveremo di fronte nel 2050. In gran parte questo deriverà dalle tecnologie che saremo riusciti a sviluppare nel corso dei prossimi anni, la metà dei quali si trova ancora in fase di sperimentazione o è già in fase prototipale.

L’energia nucleare nel mondo: focus sulla situazione europea

La distribuzione globale di Uranio risulta fortemente disomogenea, con soli 15 Paesi che arrivano a contare il 95 % delle risorse mondiali (maggiori produttori o con un numero elevato di impianti che contribuiscano alla crescita della capacità nucleare), mentre il restante 5 % è distribuito tra altri 22 Paesi (vedi Figura 5).

Figura 5: Distribuzione mondiale delle risorse di Uranio (Fonte: Uranio: risorse, produzione e domanda, OECD)

Ad oggi, le centrali nucleari a fissione producono circa il 16 % dell’energia elettrica mondiale.

Nel Vecchio Continente l’energia nucleare assicura l’approvvigionamento energetico di metà degli Stati membri. La strategia per un’Unione dell’energia e la strategia europea di sicurezza energetica hanno evidenziato la necessità di applicare gli standard più elevati in materia di sicurezza, gestione dei rifiuti e non proliferazione, oltre a diversificare le fonti di rifornimento del combustibile nucleare.

I reattori europei soddisfano il 27 % della domanda di energia elettrica. Sono comunque previsti progetti di costruzione in 10 Stati, mentre altri si trovano in fase autorizzativa. Il Regno Unito ha dichiarato l’intenzione di chiudere tutte le sue centrali a carbone entro il 2025 e colmare il proprio fabbisogno energetico mediante nuove centrali nucleari e a gas. Nel mix del fabbisogno energetico della Francia 7/8 della produzione sono occupati dal nucleare.

In seguito all’incidente di Fukushima il programma nucleare dell’UE ha subito dei cambiamenti in favore di misure più cautelative. Tuttavia, dal 2030 si prevede un’inversione di tendenza con l’immissione in rete di nuovi reattori o l’estensione di quelli già esistenti.

Entro il 2050 la capacità installata crescerà mantenendosi tra i 95 e i 105 GWe. Di contro, però, il nucleare europeo soddisferà il 20 % della domanda di energia elettrica. Sono necessari notevoli finanziamenti per la realizzazione di centrali nucleari, dovuti al costo di costruzione eal costo del capitale.

I reattori nucleari di IV generazione e gli Small Modular Reactors (SMRs), entreranno in funzione a partire dal 2030, ponendosi come obiettivo quello di poter operare ad elevate temperature, nonché di migliorare la sicurezza e ridurre significativamente gli scarti radioattivi.

Per quanto riguarda invece i reattori veloci di IV generazione produrranno e bruceranno gli attinidi minori (Np, Am e Cm) con lo scopo di riutilizzarli come combustibile, cercando complessivamente di realizzare un ciclo chiuso. Saranno, quindi, in grado anche di produrre idrogeno a zero emissioni, ma avranno anche ulteriori sbocchi nel campo della produzione di calore per cogenerazione.

Un approccio moderno sarà offerto dagli SMRs, la cui peculiarità risiede nelle ridotte dimensioni e capacità (inferiori o uguali a 300 MW, circa il 30 %  di quella offerta dalle centrali attuali), aprendo le porte ad economie di scala e di serie. Attualmente esistono più di 50 design di SMRs al mondo.

Potranno trovare impiego per il rifornimento di elettricità pulita in maniera continuativa in località geografiche impervie e, se poste in serie, saranno in grado di sostituire le centrali nucleari di dimensioni maggiori per garantire una produzione flessibile (basterà spegnere uno o più moduli in base all’andamento della domanda).

Figura 6.1: Akademik Lomonosov, la prima centrale nucleare galleggiante (Fonte: wired.it)
Figura 6.2: Come i reattori SMRs potranno essere trasportati agevolmente (Fonte: AIN.it)

Il nucleare da fusione

Il progetto ITER (dal latino, via) è uno tra i più ambiziosi progetti ingegneristici mai avviati, il cui scopo è quello di dimostrare la fattibilità scientifica e tecnologica dell’impiego della fusione nucleare come fonte energetica su larga scala (Riferimento all’articolo “Materiali superconduttori per ITER).

Il progetto si sviluppa in un centro sperimentale internazionale con sede a Cadarache, nel sud della Francia.

Vede coinvolti i maggiori Paesi industrializzati del Mondo (Europa, USA, Russia, Cina, Giappone, India e Corea del Sud) e avrà come obiettivo quello di produrre 500 MW di energia partendo da 50 MW di energia termica introdotta.

L’Europa contribuirà al 45 % dei costi di realizzazione, mentre i rimanenti Stati contribuiranno in parti uguali per la quota restante.

Intorno al 2030 ITER cercherà di provare la fattibilità della fusione, lasciando poi al dimostratore DEMO il compito di generare la prima energia elettrica da fusione.

Figura 7: Paesi che stanno contribuendo alla costruzione di ITER (Fonte: ZPM.it)

Nonostante i maggiori sforzi della ricerca internazionale nel campo della fusione stiano puntando su ITER, sono in corso ulteriori progetti. La canadese General Fusion e l’inglese UKAEA hanno dichiarato che ultimeranno nel 2035 la costruzione di un impianto dimostrativo (e non sperimentale come ITER), già allacciato alla rete di distribuzione. Questo reattore testerà la tecnologia proprietaria fusione a target magnetizzato, un ibrido tra il confinamento magnetico del plasma (proprio dei Tokamaks, come ad esempio ITER) ed il confinamento inerziale (processo consistente nel comprimere e scaldare dei targets costituiti da Deuterio e Trizio, i due reagenti nelle reazioni di fusione).

Nel Dicembre 2022 l’esperimento della National Ignition Facility (NIF), basato sulla fusione confinamento inerziale, ha registrato un importante traguardo: un guadagno Q > 1, ossia una quantità di energia prodotta superiore a quella immessa (vedi articolo Il Breeding Blanket (BB) per l’autosufficienza della fusione nucleare). Sebbene i risultati siano incoraggianti, la strada da percorrere rimane lunga, per via delle numerose difficoltà tecniche di cui vi abbiamo già parlato nell’articolo Dove ci porterà la fusione nucleare.

Il 2050, anno intorno a cui si crede la fusione potrà fornire energia su larga scala, è perfettamente in linea con i piani di decarbonizzazione, riuscendo a sopperire all’insufficiente copertura dei consumi rappresentata dalle rinnovabili.

Applicazioni energetiche dell’idrogeno

Attualmente esistono tre settori di impiego per l’energia da idrogeno:

  1. La combustione interna
  2. La conversione in energia elettrica tramite pila cella a combustibile
  3. La fusione nucleare (ad opera di deuterio e trizio, già menzionata).

Impieghi dell’idrogeno nel settore dei trasporti

Con il 25 % di emissioni di gas serra attribuibili al settore dei trasporti e con l’obiettivo di ridurle del 95 % entro il 2050 la transizione massiccia verso veicoli elettrici a batteria e con celle a combustibile sarà presto una realtà.

Sono sorti negli ultimi anni un numero cospicuo di flotte pilota di veicoli ad idrogeno, quali autobus urbani o servizi di car sharing. La Germania è il Paese che più ha investito a livello globale in queste tecnologie, poiché prevede la circolazione sul proprio territorio di 1 800 000 veicoli ad idrogeno entro il 2030.

Figura 8.1: Auto ad idrogeno, Toyota Mirai II (Fonte: Automoto)
Figura 8.2: Treno ad idrogeno tedesco Alstom Coradia iLint (Fonte: touringclub.it)

Scenari attuali e prospettive future dell’idrogeno

L’idrogeno (sia nella forma pura che miscelata) domina i settori industriali: raffinazione del petrolio (33 %), produzione di ammoniaca (27 %), produzione di metanolo (11 %) e produzione dell’acciaio tramite riduzione diretta del ferro (3 %).

L’UE prevede nel prossimo quarto di secolo una maggiore penetrazione dell’idrogeno nel mercato Comunitario. La rivoluzione prevede tre tappe e si concluderà nel 2050.

La prima fase (2020-2024) volge a conclusione e ha circoscritto le applicazioni dell’idrogeno a  determinati settori, come quello chimico degli elettrolizzatori, con l’obiettivo di arrivare a produrre fino ad un milione di tonnellate di idrogeno rinnovabile grazie all’installazione di almeno 6 GW di elettrolizzatori.

Successivamente (2024-2030), l’idrogeno è destinato ad entrare a far parte di un sistema energetico integrato, questa volta arrivando a produrre dieci milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile partendo da almeno 40 GW di elettrolizzatori. L’idrogeno arriverà anche nei settori della produzione di acciaio, trasporti terrestri e marittimi.

Con l’ultima fase (2030-2050) le applicazioni dell’idrogeno verranno estese a tutti i settori, inclusa la decarbonizzazione.  

Ad avallare questo progetto particolarmente ambizioso vi sono i dati dell’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (IRENA), secondo cui entro il 2050 il 6 % del consumo energetico mondiale sarà soddisfatto dall’idrogeno.

In Italia il consumo dell’idrogeno (16 TWh, circa l’1 % dei consumi finali di energia sul territorio nazionale) deriva in gran parte dagli usi industriali, ma è essenzialmente di tipo grigio. Sul finire del 2020 il Governo italiano, in seguito alla presentazione delle linee guida per una strategia Nazionale sull’idrogeno, ha stanziato 10 miliardi di euro. Da un lato si cercherà di verificare la fattibilità dell’immissione nelle reti di miscele fino al 100 % di idrogeno, dall’altro si costruiranno dei distretti residenziali detti distributori di idrogeno, il quale sarà ottenuto da elettrolisi sfruttando l’energia eolica.

La Germania punta alla leadership nella fornitura di tecnologie ecologiche per l’idrogeno cercando di coinvolgere le aree del Mare del Nord, del Baltico e dell’Europa meridionale.

La Francia, oltre a installare nuovi elettrolizzatori dando impulso alla decarbonizzazione, si impegnerà a sviluppare una mobilità green, in particolare per i veicoli pesanti.

Oltre Oceano, NextEra ha recentemente annunciato un elettrolizzatore da 20 MW che ha lo scopo di produrre idrogeno verde per l’autoconsumo di un impianto a gas in Florida.

Conclusioni

L’espressione che è emersa con forza nel corpo di questo articolo è stata transizione energetica, la quale a sua volta si declina nell’uso maggiore di fonti rinnovabili e nell’interesse acceso verso il tema del risparmio energetico e dello sviluppo sostenibile.

Ciò implicherà una trasformazione radicale del modo in cui l’energia venga prodotta, trasportata ed utilizzata, rendendo la rivoluzione verde una tra le più grandi sfide a cui l’Umanità dovrà far fronte. Il passaggio a cui si fa riferimento non è univoco, potendo spaziare tra sostituzione, conversione o ripotenziamento degli impianti energetici esistenti o nella spinta alla ricerca verso strade non ancora del tutto conosciute, come nel caso della fusione.

La spinta verso un futuro energetico, sociale ed economico sostenibile dovrà essere posta al centro delle politiche di qualunque Paese. Di fronte ad un Pianeta che si prepara ad ospitare ben oltre 9 miliardi di persone entro la metà del secolo, la dicotomia tra crescita della popolazione (con il conseguente aumento dei consumi) e la diminuzione delle emissioni sembra non reggere il confronto.

Pensare a megalopoli in cui circolino solo veicoli elettrici a partire dal 2050 è uno scenario abbastanza verosimile se si pensa alle grandi città dei Paesi più industrializzati al mondo, ma che sembra quasi un miraggio per i PVS, ancora in possesso di reti elettriche scarse, dove blackout e cadute di tensione sono all’ordine del giorno.

Inoltre, la disponibilità di un’automobile elettrica non è ancora alla portata di tutti, in quanto strettamente legata al tenore di vita di un dato Paese. Ad oggi, soltanto i Paesi che presentano un PIL pro-capite medio superiore ai 46 000 euro riescono a raggiungere con l’elettrico quote di mercato superiori al 15 %.

Per una società come la nostra, basata sul consumismo sfrenato, cambiare stile di vita in maniera improvvisa a favore di un notevole risparmio energetico sembrerebbe quasi una limitazione delle libertà personali.

Eppure, proprio le nostre abitazioni, il primo impianto energetico con cui interagiamo ogni giorno, rappresentano anche il primo sistema da cui possono derivare emissioni nocive per l’ambiente esterno. Pertanto, il contributo del singolo può e deve fare la differenza.

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